venerdì 20 febbraio 2009

Lucifero e la cacciata dall’Eden: l’immaginazione del Paradiso

La visione che segue deriva dall’osservazione che il veggente può fare osservando in modo occulto il proprio corpo fisico; affinché essa possa prodursi occorre essere capaci di restare desti entro la coscienza profonda di sonno: lo stato di sonno senza sogni.



Guardando da fuori indietro al proprio corpo fisico e all’eterico, ci si deve far stimolare da essi affinché essi producano in noi tale corrispondente immaginazione.


Essa deve apparire, perchè è contenuta in essi.


Esiste quindi la possibilità di vedere questo lontanissimo passato della Terra, estraendo il proprio io e l’astrale dalla corporeità fisco-eterica, guardando indietro ad essa.



Nella visione veggente del proprio corpo fisico, tra gli animali primordiali che si muovono entro il “giardino” vegetale si scorge Lucifero in una forma meravigliosa che, nel fondo del panorama si contorce.



Si viene allora a sapere che l’uomo era quel giardino; ogni essere vegetale ed animale allora distinto e molteplice, era una parte di ciò che ora è il corpo fisico: allora tutto era un mondo indifferenziato costituito di svariate entità, mentre ora tutto si trova riunito in un unico corpo, pur essendo ancora differenziati gli organi fisici.



In quella condizione paradisiaca, Lucifero lo attirò a sè ed egli si uni con lui.



Di conseguenza le Gerarchie lo spinsero insieme a Lucifero, fuori, in altre regioni.



Si immagini di ingrandire enormemente ogni singolo organo, in modo che ognuno di essi diventi un possente essere animale o vegetale: apparirà un’immensa formazione.



A quel tempo l’uomo viveva entro quel mondo di paradiso, vedeva e si sentiva in quelle entità direttamente; di conseguenza all’unione con Lucifero egli venne espulso.



Ciò che era il paradiso si rimpicciolì condensandosi, si raggrinzì e si moltiplicò in miliardi di copie: divenne la sostanza interna degli organi di ogni singolo corpo fisico umano.



Mentre prima l’uomo vedeva e conosceva un regno di paradiso come suo mondo esterno, ora quel mondo è sparito alla sua percezione, perchè è diventato il suo mondo interno.



Prima vedeva il Dio del polmone, il Dio del cuore: oggi non li vede più, perchè essi sono ora come fossilizzati entro l’interno del suo corpo fisico.
Oggi l’uomo vede solo ciò che è all’esterno dei suoi occhi; un tempo egli vedeva ciò che gli stava dentro.



In altre parole, l’uomo, con l’unione con Lucifero ha causato la condensazione del mondo in cui prima dimorava, in prodotti di appassimento e di raggrinzamento, rintracciabili quali organi del suo attuale corpo fisico.



tratto da uno studio steineriano di tiziano bellucci

domenica 15 febbraio 2009

appunti

LO STATO DI SALUTE E’ CONNESSO ALL’INTERESSE CHE SI E’ AVUTO PER IL MONDO, IN ESISTENZE PRECEDENTI



L’essere stati indifferenti davanti alle bellezze e le meraviglie del creato, genera una povertà d’anima, la quale apparirà come “impotenza animica” per la costruzione del futuro corpo fisico.

Il modello ereditato avrà il sopravvento su di essa: permarrà debolezza, fragilità e predisposizione alle malattie. Si avrà un corpo floscio, privo di vigore.
Una persona ad es. che non abbia in una vita passata amato la pittura, avrà un’espressione e un carattere antipatico. Se un’altro non avesse avuto interesse per la musica nascerà con predisposizione verso le malattie polmonari.
Se al contrario un individuo avrà avuto interesse per il mondo, scoppierà di salute.

Si può quindi affermare che le disposizioni verso la malattie o alla salute vengono dal karma.

Occorre comunque tener conto che anche riguardo la malattia, il karma non si esplica sempre solo come pareggio, bensì anche come causa di preparazione per un effetto futuro.
Invece, riguardo la predisposizione innata dalla nascita verso una patologia o alla salute, in tal caso si parlerà di esplicazione karmica.



LA POVERTA’ D’ANIMA COMPLICA IL LAVORO DELLE ENTITA’ KARMICHE
(la coscienza dei disincarnati)


Chi non abbia avuto interesse per il mondo, ritrovando in sé un’anima povera, si troverà in difficoltà di comunicazione con le Entità che dovrebbero collaborare con lui per l’edificazione del suo karma e dei suoi veicoli futuri; ne consegue per lui l’incapacità di lavorare in certe zone o regioni spirituali tra morte e rinascita.
Non potrà avvicinarsi ad alcuni Esseri spirituali; questi gli rimarranno estranei perché a lui stesso mancherà la capacità di avvicinarli.
L’uomo avverte allora in un dato momento in quel mondo che, anche attraverso la scelta di condannarsi a infermità fisiche sulla terra possa essere l’unico modo per rimediare alla sua incapacità nel mondo spirituale dovuta alla sua povertà d’anima; egli si predestina così una malattia, attraverso la quale possa trarne, per mezzo del discernimento offertogli dal dolore, una spinta che gli permetterà di conquistare quanto prima era stato da lui trascurato.



VARI CASI DI NESSI KARMICI NELLE AMICIZIE



In genere, due esseri che interruppero per necessità esterne, la loro amicizia in età giovanile, separandosi, sono individui che nella vita precedente erano stati amici in tarda età.
Il desiderio di sapere come fosse da giovane la persona con cui si è stretta l’amicizia in anzianità, conduce nella successiva esistenza a diventarle amica in gioventù.

L’interruzione di un’amicizia svela comunque la vendetta karmica di un’antica amicizia che fu nella vita precedente, troppo egoistica.

Se invece in un’incarnazione si è trascorso il principio o la fine dell’esistenza con una persona, nella vita successiva la si incontrerà verso metà dell’esistenza.

Oppure può accadere di essere uniti con amicizie nell’età infantile: questo significa di regola che nella precedente vita si era stati uniti con lei poco prima della morte.


tratto da uno studio steineriano di tiziano bellucci : i nessi karmici I parte

martedì 10 febbraio 2009

l' oblio di Se?

"Se ti preoccupi di mille cose..." (dai Detti e fatti dei Padri del deserto)


Continuiamo a leggere qualche brano tratto dai Detti e fatti dei Padri del deserto:

"Un anziano diceva: «Tre poteri di Satana precedono tutti i peccati: il primo è l'oblio, il secondo la negligenza, il terzo la cupidigia. Difatti, dall'oblio nasce la negligenza, dalla negligenza la cupidigia, e questa fa cadere l'uomo. Ma se l'anima è abbastanza attenta da scacciare l'oblio, non giungerà alla negligenza, se non è negligente non sentirà la cupidigia, e se non ha la cupidigia mai peccherà [...]».
[...]
Un grande anacoreta, che domandò: «Satana, perché mi combatti così?», udì Satana rispondergli: «Sei tu che fortemente mi combatti».
[...]
Un fratello interrogò l'abate Isidoro, il sacerdote di Scete: «Perché i demoni ti temono tanto?». L'anziano rispose: «Da quando mi sono fatto monaco, mi sono forzato d'impedire che la collera mi salisse alla testa».
[...]
Un anziano disse: «Se sei orgoglioso, sei il diavolo. Se sei triste, sei suo figlio. E se ti preoccupi di mille cose, sei il suo servitore senza riposo»".

Qualche parola di commento.
Sulla prima sentenza. L'oblio è oblio di sé, oblio del Sé, dimenticanza della sua verità, del suo essere in sé, del suo essere autonomo, auto-sufficiente, auto-splendente, autentico, che nulla cerca, che nulla desidera, riposante nella sua quiete silenziosa, senza nome, senza voce: pace su pace, silenzio su silenzio, vuoto su vuoto. Questo oblio conduce alla negligenza, cioè a quella svogliatezza, a quella trascuratezza di sé, di un sé che da signore è divenuto servo, che dalla sua autonomia è divenuto soggetto vincolato, domandante, alla ricerca, esposto rovinosamente. Da qui, dunque, la naturale conclusione: la cupidigia. La cupidigia intesa come desiderio sfrenato, avidità, brama continua di cose, di persone, di situazioni, di novità, di cambiamenti, di risposte, di distrazioni, di fughe. Il Sé fuori dalla sua casa originaria cerca dimora in altro da sé e così infinitamente si perde nel suo tentativo di trovare soluzione al suo vagare. Un detto epicureo rammenta: "Niente basta a chi non basta ciò che è sufficiente" (Sentenze vaticane, 68).
Sulla seconda sentenza. È la legge che regola la logica di un atteggiamento di contrapposizione, di contrasto. Il problema è prodotto da un approccio all'insegna della lotta, dell'antitesi, del conflitto. Da qui nasce il dualismo, da qui la frattura soggetto-oggetto, da qui il tentativo di soluzione attraverso la ricerca; da qui la sensazione di mancanza, di ostruzione. La sofferenza come esito del mio combattere. Il mio oppormi produce il nemico; dico: "Ecco il problema!" e in quel momento è proprio vero... ecco il problema, eccolo nascere.
Sull'ultima sentenza. Orgoglio, tristezza, preoccupazione sono diverse facce di una vita ego-centrata. Svuotato, immerso nel flusso degli eventi, non sono orgoglioso perché semplice e anonimo; non sono triste perché appagato, senza mancanza; non sono preoccupato perché calmo, in quiete.

TRATTO DA : la meditazione come via

sabato 7 febbraio 2009

il dolore

Il “luciferismo” e il Dolore

Tutte le forme bramose di egoismo, ambizione, vanità, orgoglio ossia tutte le caratteristiche che ci aiutano a farci valere ed apparire come “esseri speciali” sono espressioni di forze luciferiche che agiscono in noi.


Se nell’ordinamento del mondo vi fosse solo Lucifero, noi non potremmo mai liberarci dei risultati e degli effetti delle brame e delle tentazioni da lui indotte.



Esiste qualcosa, che ci aiuta a liberarci e ad elevarci al di sopra degli impulsi luciferici e a superarli.



Quel qualcosa è il dolore.


Esso ci viene dato dalle potenze buone.


Mediante il dolore possiamo col tempo sottrarci dai tentacoli delle potenze luciferiche.


Se non vi fosse il dolore, non considereremmo poi tanto male essere preda di Lucifero: non ci sentiremmo indotti a ritrarci dai suoi influssi.


Il dolore invece (che è la coscienza del corpo astrale irregolarmente desta –vedi conf. precedente) riesce a distoglierci dal continuare sempre a cadere di continuo nel dominio di lucifero.



Il dolore diventa il nostro educatore, il risvegliatore.



Ma ci si può chiedere: come può il dolore essere il nostro educatore, se non siamo affatto consapevoli della sua forza benefica?


Non c’è bisogno di essere consapevoli di questo.

Esso agisce con la sua forza educatrice lo stesso.




Il dolore è un segno distintivo della circostanza di trovarci succubi di una forza luciferica che ci ha causato la malattia.



Non è comunque bene, anche se comodo, classificare da un lato le malattie che paiono causate da Lucifero da quelle causate da Arimane.



Infatti queste due entità sono frammischiate: dove finisce una, comincia l’altra.



TRATTO DA UNO STUDIO STEINERIANO DI TIZIANO BELLUCCI