domenica 30 novembre 2008

amici eh!

appunti - la coscienza umana -

Per coscienza umana s’intende la coscienza individuale dell’essere umano, che nei primi stadi è più animale che divina, a causa del predominio del corpo animale con i suoi istinti e con le sue tendenze.


Progredendo egli diventa veramente umano, non completamente animale e nemmeno interamente divino, ma fluttuante fra i due stadi, facendo così del regno umano il grande campo di battaglia fra le paia di opposti, tra l’incalzante richiamo dello spirito e l’allettamento della materia o madre natura e fra ciò che chiamiamo sé inferiore e l’uomo spirituale.


tratto da a.b. T.M.B.

mercoledì 26 novembre 2008


LA VERA NATURA DEL PENSARE


Nell’uomo solitamente il pensare compare nella funzione di riproduttore della realtà esteriore; tramite esso l’anima può avere coscienza di sè, perchè vedendo sorgere davanti a sè delle immagini, essa si sente (si crede) un soggetto circondato da una moltitudine di oggetti.
Ma in realtà, il scindere la realtà in soggetto e oggetto non è il vero scopo a cui il pensare è preposto. Esso ha un’altra mèta nell’uomo.
Facciamo un esempio.

Con dei grani di frumento si possono fare tre cose:
- mangiarli, introdurli nel proprio corpo;
- seminarli, introdurli nella terra;
- rappresentarseli, introdurli nella propria anima.

Se si mangiano, si apporterà nutrimento al corpo; se si seminano da essi nasceranno altre piantine. Le forze attive nel seme, nel corpo sono capaci di trasmutarsi in energia nutritiva, nella terra possono riprodurre un’altro esemplare. In entrambi i casi esse producono attività vitali, anche se in differenti modi.
Il compito originario e primario della forza insita nel seme disposta dalla natura, è di asservirsi al formare una nuova pianta, ossia di provvedere alla conservazione della sua specie, non di prestarsi come nutrimento per l’uomo.

Mangiandolo, gli si impedisce di compiere lo scopo che è nella sua natura originaria.
La stessa cosa vale per il pensare umano, il “rappresentare”: pensando, si impedisce al pensare di compiere ciò che è insito nella sua natura, ciò che è preposto nel suo compito.
Tramite la forza pensante, appare in noi in immagini una moltitudine di forme, le quali sembrano costituire il tessuto generale, il panorama del mondo fisico; il pensare rende possibile la riproduzione in immagini e in concetti della realtà fisica del mondo.
Tale riprodurre in immagini la realtà sensibile non è però assolutamente nè il compito, nè lo scopo di ciò che la forza del pensare vorrebbe portare a compimento.
Riproducendo in immagini la realtà del mondo, non si apporta nulla di nuovo all’evoluzione dell’ universo: si guarda in se stessi ciò che esisteva già prima di noi, un qualcosa nei confronti del quale non si è preso parte alla sua generazione.
Il mondo esiste anche senza di noi: il guardarlo non lo muta nè lo accresce.
Il solo rappresentarlo è agire in modo passivo.
Lo scopo del pensare non può essere quindi il produrre una imitazione di ciò che esisterebbe anche se non lo si osservasse: lo scopo del pensare secondo la sua essenza, è di operare come una forza dedita a far evolvere l’anima umana in organo di percezione autocosciente della realtà spirituale.
Il pensare è un’essenza spirituale che è presente e agente in ogni cosa dell’universo: solo che manifesta la sua attività in diverse modalità e differenti condizioni a seconda del supporto in cui interagisce.

Scorrendo lungo i vari regni, incontra i vari stati di coscienza insiti negli stessi; in ognuno di essi causa un differente effetto:
- nel mondo minerale appare come forza di aggregazione della materia;
- nel mondo vegetale si palesa come forza di aggregazione della materia e capacità riproduttiva;
- nel mondo animale è forza di aggregazione della materia, capacità riproduttiva e facoltà di movimento;
- nel mondo umano si presenta forza di aggregazione della materia, capacità riproduttiva, facoltà di movimento e capacità di svolgere un’attività pensante intelligente.

Mentre nel seme il Pensare non può apparire come pensiero, ma come capacità di generare un simile, nell’anima sarebbe capace di plasmare organi spirituali.
Diciamo sarebbe, perchè allo stadio attuale dell’umanità esso non si esplica ancora pienamente in questa attività; può solo mostrarsi come forza di rappresentazione. Difatti esso potrebbe fare ciò solo se l’uomo lo vuole coscientemente: per ora esso è usato ancora impropriamente.
Il pensare si presenta nell’uomo come facoltà di rappresentazione a causa dell’organizzazione dell’uomo, la quale non è ancora capace di farlo affiorare nella sua essenza vera.
Il pensare non è dunque quello che si intende ordinariamente, ma bensì una forza capace di mutare l’anima in un organismo capace di percepire veracemente la verità spirituale.

Più che produrre un’intelligenza pensante razionale, il pensare vorrebbe produrre nell’uomo organi capaci di comunicare e di ricollegarsi attivamente con il mondo spirituale.

I filosofi e i fisici si preoccupano piuttosto di capire il valore e il senso delle riproduzioni della realtà, che appaiono per tramite del pensare, piuttosto che chiedersi il perchè esista il pensare e quale sia il suo vero scopo.
Le immagini del mondo che ci appaiono per tramite del pensare non rappresentano esse stesse una conoscenza, ma il mezzo tramite le quali si può rendere possibile una conoscenza di una realtà che si cela dietro di esse.
Riprodurre in immagini rappresentanti la realtà fisica, non significa conoscere l’intera verità, ma conoscere quel tanto di verità parziale che appare nella sua sola immagine; vale a dire: quando si incontra un uomo, si vede la sua immagine; il vederlo non significa conoscerlo intieramente.
Non potremmo dedurre dalla sua forma fisica nulla del suo passato, del suo carattere e della sua interiorità, se non approfondiamo in altro modo la conoscenza.


Tratto da uno studio steineriano di Tiziano Bellucci: enigmi dell'anima


sabato 15 novembre 2008

Il Graal


..." Oggi la Coppa sembra vuota, inaridita da superstizioni dogmi ed egoismi mentre la spiritualità dell’uomo continua a nascondersi dietro un inutile conflitto …

… muro contro muro, la creazione contro l’evoluzione., la Trascendenza contro l’Anima del Mondo …

Ma come Goethe fa dire a Faust:

“… coppa di limpido cristallo,
a cui per tanti anni non pensai,
esci dal vecchio astuccio e vieni qui”

Il poeta si riferisce all’arte che però possiamo intendere come spiritualità, voce divina ed eternità.
Goethe, scrivendo ìl Faust ed a mezzo di Faust, cerca la realizzazione di sé e per prima cosa incontra lo Spirito della Terra che gli spiega:

“… Nei flutti della vita, nel turbine dei fatti
io erro in alto e in basso,
io tesso avanti e indietro!
Nascita e fossa,
un mare eterno,
una trama che muta,
una vita incandescente,
lavoro al telaio ronzante del Tempo
e genero a Dio una veste vivente… ”

Questa “divina veste vivente” è quella che l’uomo ha cercato fin dall’inizio della sua consapevolezza cioè il Graal! "
(Traduzione dal testo tedesco a cuta dek sito "FILOSOFICO.NET)


TRATTO DAL BLOG DI
LUIGI SIRI

venerdì 7 novembre 2008

i figli scelgono i genitori! (seconda parte)

L’EDIFICAZIONE DEL NUOVO CORPO ETERICO e la NOSTALGIA

In questo periodo subito dopo la concezione, quando l’uomo ha perduto la visione e il contatto con il suo germe spirituale del corpo, con l’aiuto di altre entità attira a sè l’etere cosmico, come raggrumandolo per formare il suo futuro corpo eterico.

Il nuovo corpo eterico lo sospinge verso un dato popolo.

Tutto il senso di privazione della realtà spirituale in cui si era intessuti prima, trapassa ora entro il corpo eterico: tale privazione apparirà poi metamorfosata come sentore di nostalgia inconscia per qualcosa che si ha perduto pur senza ricordare cosa, durante la vita terrena.



IL BIMBO ALEGGIA ATTORNO AI GENITORI

L’anima bambina, provvista di io, astrale ed eterico, aleggia intorno ai genitori sin dal momento del concepimento: è difatti essa che istilla entro l’ovulo fisico l’embrione o seme spirituale “universo-uomo”del suo futuro corpo fisico, il quale è il frutto delle elaborazioni fatte dalle gerarchie nel postmortem.

Solo alla terza settimana il corpo astrale e l’eterico si collegano al germe spirituale nel grembo della madre, per cominciare ad operarvi e a collaborare, cioè dopo aver edificato il corpo eterico.

Sino alla terza settimana il seme spirituale era stato sviluppato solo dalle forze della madre; da quel momento in poi comincia una collaborazione da due lati: madre (sulla terra) e anima (sul cielo).

TRATTO DA uno studio steineriano di Tiziano Bellucci "uomo e morte"

--->qui

i figli scelgono i genitori! (prima parte)

LA CROCE KARMICA

Dopo aver riattraversato la zona lunare, l’uomo attira a sè la sostanza astrale che aveva abbandonato: prende su di sè una croce karmica, la quale costituisce quel fardello di impurità, di cattive abitudini e di imperfezioni che nella vita futura costituiranno un ostacolo da superare e da purificare.

A seconda della composizione del suo corpo astrale, l’anima si sentirà attratta verso una particolare madre.

A seconda del suo particolare Io, si sente sospinta verso il padre.

L’astrale cerca la madre; l’io il Padre.

Può avvenire che l’astrale sia attratto da una data madre, ma che l’io non voglia il padre corrispondente: in tal caso la ricerca ricomincia.

Dalle facoltà astrali della madre, l’anima erediterà fantasia e pensiero; dall’io paterno erediterà volontà e impulsi sensitivi.

L’Io è il più neonato fra le nostre parti costitutive: è nato nell’era della Terra.
L’Io sarà costituito coscientemente come lo è il nostro corpo fisico, solo su Vulcano.

L’Io è a tutt’oggi, ancora nel grembo del mondo spirituale. L’io si riflette soltanto, per ora, nel corpo fisico.


L’uomo nasce sulla Terra tramite il congiungimento del germe umano proveniente dalla linea ereditaria di genitori terrestri, e il germe spirituale elaborato da genitori divini, da entità spirituali.

TRATTO DA uno studio steineriano di Tiziano Bellucci "uomo e morte"

domenica 2 novembre 2008

ricchezza, salute, poverta' e malattia!!!!!!



I DUE STATI DI COSCIENZA DELL’UOMO NEL DEVACHAN



La coscienza si alterna fra momenti, paragonabili al sonno e la veglia, in cui si è a contatto con altre entità: ci si sente effusi in esse e nel mondo spirituale, dilatati: è una sorta di plenitudine spirituale.
Nell’altro stato invece, non si percepisce più il mondo circostante, e ci si sente soli in sè stessi, racchiusi nella propria solitudine. Si alternano uno stato di socievolezza spirituale e uno di solitudine spirituale.

Guardando fuori, nel mondo spirituale, si sà, raffrontandosi con le sublime immagini e forme degli esseri solari, cosa manca alla propria figura morale: nella solitudine si anela a poter avere forme meravigliose come quelle: esse sono una mèta e insieme un mònito che ci mostra quanta strada ancora dobbiamo compiere per poter giungere a quelle altezze di purezza.

Tutto questo stimola nell’uomo la volontà di perfezionarsi; con l’aiuto di sagge entità, ci si sceglie un dato destino futuro che possa agevolarci e procurarci prove tramite le quali potremo sviluppare date facoltà e superare le nostre imperfezioni.

Molti anelano là, a possedere un destino duro, pieno di sofferenze: la prospettiva di visione è molto diversa, perchè si vede la vita terrestre solo come una scuola o un mezzo tramite il quale è possibile forgiarsi un anima pura.

Si vede nel dolore e nella sofferenza non sfortuna, ma possibilità di evolversi.

Davanti alle proprie imperfezioni si desidera diventare migliori: non vi è là ipocrisia, perchè essa sarebbe incoerenza nei confronti di noi stessi.

Solo se un’anima incontrerà una vita difficile potrà far scaturire da sè stessa nuove forze per superare le difficoltà.

Non tutti gli uomini hanno la stessa coscienza chiara: c’è anche chi deve essere guidato da altre entità nella scelta del destino.

Citazione di Platone dalla Repubblica: Ad un certo punto un araldo comparse e disse:

-anime effimere, ecco l'inizio di un altro ciclo di nascite apportatrici di morte; non un demone sceglierà voi, ma voi sceglierete il vostro demone!

Scegliete quindi la vita che sarà necessariamente legata a lui!

La virtù non ha padroni; ognuno la possiederà di più o di meno a seconda che l'abbia onorata o trascurata; la responsabilità è di chi fa la scelta: la divinità è innocente. -

Un sacerdote gettò in aria le sorti, ed ognuno scelse quella che gli era caduta vicino;

e di nuovo furono posti per terra davanti a loro i modelli di vita: quelli di tutti gli animali e degli uomini.

Tali elementi erano mischiati insieme alla ricchezza, alla povertà, alla malattia, alla salute; quel momento, è il massimo cimento per ogni uomo, nella speranza di riuscire a riconoscere e a trovare chi lo renda capace ed esperto di distinguere la vita buona da quella cattiva, di sciegliere sempre la migliore possibile a vantaggio della propria ricer ca verso il bene o nella caduta verso il male.

Tratto da un studio steineriano di Tiziano Bellucci.

sabato 1 novembre 2008

lavorare per .....vivere!!

Lavorare per vivere

Tuesday, May 13, 2008 |

Domanda:
Se davvero crediamo in Dio, perchè lavoriamo per vivere? Dio sicuramente provvederà a noi!

Risposta del Rav Aron Moss:
Se mi siedo e aspetto che i soldi scendano dal cielo, questa non è fede, bensì mancanza di fede.
Questo modo di fare significa che essenzialmente sto dicendo: se i soldi cadono dal cielo, provengono da Dio; ma se i soldi provengono dai miei investimenti intelligenti oppure dal duro lavoro, allora non l'ha fatto Dio, ma io. Ho limitato Dio relegando i suoi poteri a ciò che è soprannaturale. Sto dicendo che quando faccio qualcosa naturalmente, allora sono io che l'ho fatto; e Dio non c'entra niente.
Un vero credente è chi lavora duramente, ma si rende conto che il successo o l'insuccesso dei suoi affari non dipende da lui, non è nelle sue mani, ma nelle mani di Dio. I nostri sforzi sono il vaso, ma è Dio che riempie il vaso con la Sua benedizione. Questa filosofia è liberatoria e faticosa. Ci libera dalle preoccupazioni di ciò che sarà, perchè è nelle mani di Dio. Ma mette l'onere su di noi - dobbiamo fare noi il lavoro affinchè Dio ci possa dare la benedizione. Questo è vero in tutte le aree della nostra vita. Sia che stiamo cercando la nostra anima gemella, che cerchiamo una cura per la malattia, o perchè siamo attaccati da un nemico, non aspettiamo che Dio compia un miracolo. Ci alziamo e facciamo ciò che deve essere fatto, tenendo sempre a mente che il successo delle nostre azioni arriva dall'alto. In pratica, quando facciamo lo sforzo ma diamo credito a Dio, possiamo fare anche noi miracoli.

Tratto da :chabad.org su : dialogando con anima