LA VERA NATURA DEL PENSARE
Nell’uomo solitamente il pensare compare nella funzione di riproduttore della realtà esteriore; tramite esso l’anima può avere coscienza di sè, perchè vedendo sorgere davanti a sè delle immagini, essa si sente (si crede) un soggetto circondato da una moltitudine di oggetti.
Ma in realtà, il scindere la realtà in soggetto e oggetto non è il vero scopo a cui il pensare è preposto. Esso ha un’altra mèta nell’uomo.
Facciamo un esempio.
Con dei grani di frumento si possono fare tre cose:
- mangiarli, introdurli nel proprio corpo;
- seminarli, introdurli nella terra;
- rappresentarseli, introdurli nella propria anima.
Se si mangiano, si apporterà nutrimento al corpo; se si seminano da essi nasceranno altre piantine. Le forze attive nel seme, nel corpo sono capaci di trasmutarsi in energia nutritiva, nella terra possono riprodurre un’altro esemplare. In entrambi i casi esse producono attività vitali, anche se in differenti modi.
Il compito originario e primario della forza insita nel seme disposta dalla natura, è di asservirsi al formare una nuova pianta, ossia di provvedere alla conservazione della sua specie, non di prestarsi come nutrimento per l’uomo.
Mangiandolo, gli si impedisce di compiere lo scopo che è nella sua natura originaria.
La stessa cosa vale per il pensare umano, il “rappresentare”: pensando, si impedisce al pensare di compiere ciò che è insito nella sua natura, ciò che è preposto nel suo compito.
Tramite la forza pensante, appare in noi in immagini una moltitudine di forme, le quali sembrano costituire il tessuto generale, il panorama del mondo fisico; il pensare rende possibile la riproduzione in immagini e in concetti della realtà fisica del mondo.
Tale riprodurre in immagini la realtà sensibile non è però assolutamente nè il compito, nè lo scopo di ciò che la forza del pensare vorrebbe portare a compimento.
Riproducendo in immagini la realtà del mondo, non si apporta nulla di nuovo all’evoluzione dell’ universo: si guarda in se stessi ciò che esisteva già prima di noi, un qualcosa nei confronti del quale non si è preso parte alla sua generazione.
Il mondo esiste anche senza di noi: il guardarlo non lo muta nè lo accresce.
Il solo rappresentarlo è agire in modo passivo.
Lo scopo del pensare non può essere quindi il produrre una imitazione di ciò che esisterebbe anche se non lo si osservasse: lo scopo del pensare secondo la sua essenza, è di operare come una forza dedita a far evolvere l’anima umana in organo di percezione autocosciente della realtà spirituale.
Il pensare è un’essenza spirituale che è presente e agente in ogni cosa dell’universo: solo che manifesta la sua attività in diverse modalità e differenti condizioni a seconda del supporto in cui interagisce.
Scorrendo lungo i vari regni, incontra i vari stati di coscienza insiti negli stessi; in ognuno di essi causa un differente effetto:
- nel mondo minerale appare come forza di aggregazione della materia;
- nel mondo vegetale si palesa come forza di aggregazione della materia e capacità riproduttiva;
- nel mondo animale è forza di aggregazione della materia, capacità riproduttiva e facoltà di movimento;
- nel mondo umano si presenta forza di aggregazione della materia, capacità riproduttiva, facoltà di movimento e capacità di svolgere un’attività pensante intelligente.
Mentre nel seme il Pensare non può apparire come pensiero, ma come capacità di generare un simile, nell’anima sarebbe capace di plasmare organi spirituali.
Diciamo sarebbe, perchè allo stadio attuale dell’umanità esso non si esplica ancora pienamente in questa attività; può solo mostrarsi come forza di rappresentazione. Difatti esso potrebbe fare ciò solo se l’uomo lo vuole coscientemente: per ora esso è usato ancora impropriamente.
Il pensare si presenta nell’uomo come facoltà di rappresentazione a causa dell’organizzazione dell’uomo, la quale non è ancora capace di farlo affiorare nella sua essenza vera.
Il pensare non è dunque quello che si intende ordinariamente, ma bensì una forza capace di mutare l’anima in un organismo capace di percepire veracemente la verità spirituale.
Più che produrre un’intelligenza pensante razionale, il pensare vorrebbe produrre nell’uomo organi capaci di comunicare e di ricollegarsi attivamente con il mondo spirituale.
I filosofi e i fisici si preoccupano piuttosto di capire il valore e il senso delle riproduzioni della realtà, che appaiono per tramite del pensare, piuttosto che chiedersi il perchè esista il pensare e quale sia il suo vero scopo.
Le immagini del mondo che ci appaiono per tramite del pensare non rappresentano esse stesse una conoscenza, ma il mezzo tramite le quali si può rendere possibile una conoscenza di una realtà che si cela dietro di esse.
Riprodurre in immagini rappresentanti la realtà fisica, non significa conoscere l’intera verità, ma conoscere quel tanto di verità parziale che appare nella sua sola immagine; vale a dire: quando si incontra un uomo, si vede la sua immagine; il vederlo non significa conoscerlo intieramente.
Non potremmo dedurre dalla sua forma fisica nulla del suo passato, del suo carattere e della sua interiorità, se non approfondiamo in altro modo la conoscenza.
Tratto da uno studio steineriano di Tiziano Bellucci: enigmi dell'anima
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