mercoledì 30 dicembre 2009

....ercole !!

Questa dualità è la gloria dell’umanità e costituisce anche il problema che ogni essere umano deve risolvere. Padre- Spirito e Madre-Materia s’incontrano nell’uomo ed il lavoro del discepolo diventa quello di liberarsi dai vincoli della madre e rispondere così all’amore del Padre.
Questa dualità emerge anche dal fatto che egli era uno dei gemelli. Leggiamo infatti che uno dei gemelli fu generato da un padre terreno, mentre l’altro era figlio di Zeus. Questa è la grande realizzazione a cui giunge ogni essere umano evoluto e cosciente di sé. Egli diventa consapevole di due aspetti nella sua natura. Uno è la personalità ben sviluppata ed altamente organizzata attraverso la quale abitualmente egli si esprime (mentale, emotiva e fisica), con tutte e tre le parti coordinate in un’unità integrata. L’altra è la natura spirituale, con i suoi impulsi e le sue intuizioni, la sua costante spinta verso il divino e il conseguente conflitto scaturito dalla consapevolezza di tale dualità. Ercole era il discepolo vivente in un corpo fisico, ma capace, a volte, come S. Paolo, di essere “rapito al terzo cielo” e di comunicare con esseri divini. In quello stato egli ebbe la visione del Piano, seppe ciò che doveva fare e percepì la realtà della vita spirituale.

Vi è anche un altro piccolo fatto interessante nella storia della sua vita, che ha attinenza con questa stessa verità. Si dice che, ancora bambino, Ercole uccise il suo gemello. Così egli non era più un’entità divisa, non era più una dualità, ma un’unità formata da anima e corpo. Questa condizione denota sempre lo stadio del discepolo. Egli ha raggiunto l’“unificazione” e sa di essere un’anima in un corpo e non un’anima ed un corpo e questa consapevolezza dovrà ora guidare tutte le sue azioni. La storia racconta che, ancora nella culla, il vigoroso bambino uccise due serpenti, ponendo di nuovo l’accento sulla dualità. Con questo atto egli anticipò il proprio futuro, nel quale avrebbe dimostrato che la natura fisica non lo dominava più, che poteva strangolare il serpente della materia e che la grande illusione non lo teneva più prigioniero. Egli uccise il serpente della materia ed il serpente dell’illusione. Studiando la simbologia del serpente, lo troveremo rappresentato in tre modi: uno rappresenta la materia, l’altro l’illusione e il terzo la saggezza. Quest’ultimo si manifesta solamente quando gli altri due siano stati uccisi.
Questo senso di dualità è il primo stadio dell’esperienza spirituale e caratterizza i pensieri di tutti i grandi aspiranti e mistici del mondo.

TRATTO DA : a.a.bailey, le fatiche di ercole

venerdì 18 dicembre 2009

...nascita del mondo materiale

....Se fate lo sforzo di portare la vostra immaginazione indietro nel tempo, potrete figurarvi lo spazio in cui nulla è visibile; ed in questo spazio - ove sembra esservi il vuoto, ma ove in realtà tutto è pieno, soltanto pienezza invisibile all'occhio - in questo spazio dunque comincia a sollevarsi una leggera nebbia, troppo delicata perfino per essere chiamata una nebbia, però è la parola più vicina ad esprimere questo principio di aggregazione; mentre state guardando, la nebbia diventa più densa e sempre più densa a misura che il tempo passa, aggregandosi sempre più strettamente insieme e rendendo più vasto lo spazio attorno ad essa; finché ciò che sembrava la più lieve delle ombre prende forma, diventa più definita durante il procedimento, e poi se voi foste testimoni di questa costruzione di mondi vedreste la nebulosa diventare densa e sempre più densa, e separarsi sempre più decisamente nello spazio fino a quando un sistema si è formato con un sole centrale ed i pianeti che lo circondano.

E così succede, per quanto malamente espresso, della venuta dello Spirito nella individualizzazione: è come il debole apparire di un'ombra nel vuoto universale, che viceversa è il più pieno di tutti i pieni, e poi quest'ombra diventa una nebbia, e poi acquista una forma sempre più netta, diventando sempre più definita a misura che l'evoluzione procede, finché ecco che là ove sul principio vi era soltanto la più debole delle ombre e poi una nebbia crescente, ora esiste un individuo, uno Spirito: questo è il procedimento figurativo della formazione della coscienza individuale.

E se potete soffermarvi per un momento su questo pensiero, potrete forse rendervi conto come lo Spirito si formi durante il lungo corso dell'evoluzione e come questo Spirito non sia fin dall'inizio una cosa completa che si butta giù, come un nuotatore si tuffa nell'oceano della materia, ma sia costruito lentamente, molto lentamente, o densificato, se ancora posso servirmi di questa immagine, finché fuori dall'Universo appare l'individuo, ed un individuo che sempre cresce a misura, che l'evoluzione procede.

Quello Spirito perdura, come sappiamo, attraverso tutte le vite per infiniti anni, per incalcolabili secoli.

E' l'individuo in via di crescita, e la sua consapevolezza è la consapevolezza di tutto ciò che sta dietro a lui nel processo della sua crescita.


Lo Spirito è quella entità, divenuta oggi possente in alcuni dei Figli degli Uomini; ha dietro di sè un passato accumulato sempre presente alla sua coscienza, che tanto si è allargata durante la marcia sul sentiero da tempo immemorabile percorso; ha quella vasta consapevolezza che racchiude in sè tutte le sue vite e realizza tutto il suo passato.

E quando arriva il tempo di una nuova nascita e nuove esperienze debbono essere raccolte,questo Spirito - che è andato sempre crescendo attraverso le età - proietta una parte di sè stesso in un nuovo involucro destinato a mietere nuove esperienze; e questa parte che si protende ondeggiando verso i piani inferiori, affinché là possa accrescere la sua sapienza di cui si servirà lo Spirito per diventare sempre più grande, questa parte di sè stesso che si protende ondeggiando è ciò che noi chiamiamo la Mente nell'uomo; è la parte dello Spirito che opera nel cervello, che è confinata nel cervello, che è dolorosamente limitata dal cervello, letteralmente oppressa dal peso della carne, che rende la sua consapevolezza offuscata, perché non può farsi strada attraverso il denso velo della materia.

Tutta quella grandezza che noi sappiamo essere la Mente non è che questa parte dello Spirito che lotta, che lavora nel cervello allo scopo di sempre più ingrandire lo Spirito.

E mentre in esso lavora, mette allo scoperto quali siano i poteri dello Spirito, perché è lo Spirito stesso, anche se rivestito delle limitazioni della materia.
Quella parte dello Spirito che si può manifestare per mezzo del cervello è la mente della persona di cui ora stiamo seguendo l'evoluzione.

Talvolta la manifestazione è grande, talvolta è piccola, a seconda del grado di evoluzione raggiunto.

Ma ciò che l'uomo comprende quando è arrivato nella Corte esterna, è che lo Spirito è sè stesso e che la mente è soltanto la sua manifestazione transitoria.

Ed allora egli comincia a rendersi conto che proprio come il corpo e la natura-desiderio devono essere soggetti alla mente, la quale è parte dello Spirito imprigionato, così la mente stessa deve essere soggetta al grande Spirito, di cui per il momento è soltanto una proiezione che lo rappresenta; comincia a rendersi conto che essa è soltanto uno strumento, soltanto un organo dello Spirito, manifestato per compiere un dato lavoro e per la messe che deve raccogliere, per poi essere nuovamente assorbita dallo Spirito.

Rendendosi conto di ciò, quale sarà dunque la posizione del nostro candidato?

La mente impara; a misura che questa mente si mette in contatto col mondo esterno raccoglie dei fatti, li analizza, li cataloga e forma i suoi giudizi su di essi; il risultato di quest'attività va verso l'alto, passa attraverso questa espansione dello Spirito per andare su, o meglio per penetrare lo Spirito; è questo risultato che lo Spirito porta con sè in Devachan, e quivi ne estrae quanto sarà trasformato in saggezza.

Poiché la saggezza è assai differente dal semplice sapere.

Il sapere è tutta quella massa di fatti e di giudizi sui fatti e di conclusioni che ne derivano; la saggezza è l'essenza che viene estratta dal tutto, che è stata assorbita dallo Spirito quale frutto di tutte le sue esperienze, ed è - come già sapete - appunto in Devachan che queste esperienze vengono trasformate in saggezza.

Ma il nostro candidato, che sa tutto ciò, si renderà conto che lo Spirito è l' “Io”, lo Spirito che è passato per tutte quelle vite e che è andato lentamente formandosi durante il processo, quello è l'Io, che poi è il vero sè stesso, per quel tanto che ora può capire.

Ed allora egli comincia a comprendere perché sin dall'inizio gli è stato raccomandato di non confondere l'Io che è eterno con la mente che è soltanto una manifestazione transitoria dell'Io.


La Mente è la manifestazione dello Spirito nel mondo della materia, ed in questo si manifesta per servire agli scopi dello Spirito.

Allora egli comincia a comprendere la risposta che vien data al discepolo quand'egli lancia al Maestro la sua prima supplica per avere da Lui l'insegnamento, quando, dopo aver trovato la strada che conduce alla Corte esterna, egli grida: O Maestro, cosa devo fare per ottenere la saggezza?

O Saggio fra i Saggi, come fare per diventare perfetto?

Ecco le parole che - sembrano strane a tutta prima - escono dalle labbra del Saggio fra i Saggi: “Cerca la Via. Ma, o discepolo, sii di cuore puro prima di cominciare il tuo viaggio. Prima di muovere un passo, impara a discernere il vero dal falso, l'effimero dal durevole” (La Voce del Silenzio).

Ed il Maestro prosegue nella spiegazione della differenza fra dottrina e saggezza - cosa è ignoranza, cosa è conoscenza, e cosa è la saggezza che succede ad entrambi.

E viene poi fatta la distinzione fra la mente “simile ad uno specchio”, che raccoglie polvere mentre riflette, e le “brezze della saggezza dello Spirito che spazzano via la polvere delle nostre illusioni” ....

tratto da : a.besant verso il tempio, pag.22 e seg.

lunedì 7 dicembre 2009

genitori e figli

*(Stazione Celeste)

www.kryon.com

Kryon Risponde

Canalizzato da Lee Carroll


Genitori e Figli


Domanda: Caro Lee/Kryon, è con amore che i libri di Kryon mi sono caduti tra le mani in questo momento del mio apprendimento spirituale. Non riesco a metterli da parte. L’amore che sento quando leggo è traboccante. Ho una domanda. Nel Libro VI hai parlato di slegarsi dai propri figli. Come madre di due ragazzi di 17 e 19 anni, mi preoccupo per loro di continuo. Avranno un lavoro?, saranno felici nella vita?, e così via. Per favore, mi puoi spiegare cosa intendi quando parli di slegarsi da loro? Con amore, da un membro della famiglia.


Risposta: Il consiglio riguarda il prenderti cura di te. Ogni amoroso genitore amerà e si preoccuperà per la vita dei propri figli finché vive. Ma molti genitori vivono la loro vita in base a quanto accade ai loro figli. Quindi il consiglio è di equilibrare te stessa. Sii amorevole e disponibile, ma non permettere che ciò che accade a loro accentri tutta la tua attenzione. Se succede, allora ti assumerai la responsabilità di un’altra libera scelta: ignorerai te stessa e la tua propria spiritualità e darai via il tuo potere.

La miglior cosa che potete fare per i figli cresciuti è di amarli ed inviare loro luce tutti i giorni della loro vita. Sii là con loro, ma non vivere la loro vita per loro.


Kryon

4° Trimestre 2003

domenica 8 novembre 2009

..l'uomo che scopre ...se' stesso

" L'ultima cosa che l'uomo scopre è sé stesso.



E' una verità strana, eppure universale, che la sete umana della conoscenza debba cominciare da quello che è più lontano e finire con quello che è più vicino.

L'uomo
primitivo ha studiato i cieli, ma soltanto l'uomo moderno comincia ad esplorare i misteri della propria anima.



Moltissimi uomini sono un mistero per sé stessi; molti sono perfino inconsci della esistenza del mistero.


Se
noi dovessimo domandare ad un uomo comune che cosa sia lui, l'essere umano vivente; cosa accada quando egli pensa, sente od agisce; e quale sia la causa della lotta fra il bene e il male, che egli pur sente entro il suo petto, non solo egli non saprebbe rispondere, ma le domande stesse gli apparirebbero strane e nuove.


Eppure, che cosa è più strano del fatto che un essere umano possa attraversare la vita, sopportarne le vicissitudini, soffrirne le miserie, comuni a tutti gli uomini, goderne i caduchi piaceri, portarne il perpetuo fardello, senza mai chiedere perché?


Se noi vedessimo un uomo viaggiare con grande incomodo e numerose difficoltà, e se chiestogli dove vada
ci sentissimo rispondere che questa domanda non gli si è mai affacciata alla mente, lo riterremmo certamente pazzo.


Eppure, questa è precisamente la condizione della maggioranza degli uomini nella vita comune.

Essi compiono il viaggio dalla vita alla morte, si arrabattano nel faticoso cammino della vita, e non
chiedono mai perché, o tutt'al più si pongonosuperficialmente il problema, senza curarsi poi in realtà di
trovare una risposta."

TRATTO DA : LA LUCE DELL'ANIMA del Dr.MarioRizzi

..il peccato abita in me

"Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me"

S.Paolo (Romani 7,15).

giovedì 29 ottobre 2009

RIFLESSIONI: ....sulla preghiera! e... sull'egoismo

L’egoismo nella preghiera

......W.W.: Oggigiorno molte persone hanno dimenticato come si prega. Qualcuno si ricorda magari di pregare non appena le cose gli vanno male, quando ha dei desideri per sè, oppure prega per ottenere qualcosa di preciso per un suo congiunto. Questo egoismo nella preghiera non conduce proprio ad un effetto contrario?
P. A.: Quando diciamo che porta ad un effetto contrario si potrebbe pensare che il mondo spirituale possa sentirsi obbligato a distribuire delle punizioni. Ma nel registro della libertà non esiste la punizione. Ogni persona è ciò che fa di se' stesso, oppure non è ciò che non fa di se stesso.

Da questo punto di vista l’egoismo nella preghiera è come ogni altro egoismo: una regressione nel proprio sviluppo.

Perché alla fine di una preghiera egoistica l’uomo è diventato più egoista.

E’ tuttolì.

Il mondo spirituale non ha in aggiunta il bisogno di dargli addosso.

Dopo una “preghiera” del genere – che in realtà è l’opposto di una vera preghiera – l’uomo è diventato più egoistico di prima.

La mano protettiva di Dio s’estende sempre su di noi

W.W.: Ma si può davvero chiedere qualcosa alle entità spirituali in una situazione di crisi?

P.A.: Dare al mondo spirituale l’incarico di far pervenire qualcosa ad un amico o ad un nemico, è fuori luogo perché il mondo spirituale sa meglio di me cosa è utile per questa persona.

E’ diverso però, se io prego che questa persona possa fare il meglio possibile di ciò che gli succede, che possa svegliare le migliori forze dell’Io per superare questa situazione.

Questo secondo atteggiamento nella preghiera è positivo.

Una cosa del genere va sempre bene per chiunque.

W.W.: L’atteggiamento di preghiera per una situazione d’emergenza personale sarebbe dunque quello di pregare il mondo spirituale che succeda ciò che deve succedere, e non di chiedere che ci vada meglio?

P. A.: Una persona non starà meglio desiderando che la crisi non avvenga, ma solo quando ne avrà ricavato il massimo.

Mi ricordo ancora con molta precisione il momento in cui a dieci anni entrai in seminario, quando il padre disse a mio papà: «Preghi affinché Cristo tenga la sua mano stesa sopra questo bambino».
E mio padre gli rispose: «No, così non pregherò.
Pregherò che questo bambino non sottragga mai la sua testa da questa mano».

Per mio padre era chiaro che l’uomo può ritirare la sua testa in qualsiasi momento, perché fa parte della sua libertà.

Ma la mano protettrice di Dio è sempre presente.

Quando una persona vive una malattia, chi sono io per ritenere più giusto che egli non la subisca?

Non vuol dire che io auguri questa malattia a quella persona. Ma si deve sapere che è una presunzione desiderare che questa malattia non ci sia quando è già realmente lì.

Se potessi veramente eliminarla con il mio desiderio, io sottrarrei alla persona in questione le forze decisive che potrebbe acquisire solo attraverso la malattia.

Posso però sempre aiutarla, con la mia preghiera di ricavarne il meglio grazie alla sua libertà.



Voler vivere senza egoismo è una grandissima illusione

W.W: Supponiamo che qualcuno sia malato e che si indirizzi la propria preghiera all’angelo del medico del malato chiedendo che possa dargli degli impulsi per trovare le medicine più adatte alla sua guarigione. Sarebbe egoistico?

P.A.: Da un certo punto di vista è senz’altro egoistico.

Ma io non ho nulla contro l’egoismo.

Il principio del cristianesimo non è: ama il tuo prossimo più di te stesso, perché sarebbe una illusione e inoltre impossibile, ma: ama il tuo prossimo come te stesso.

Che voi desideriate che l’altra persona continui a vivere per voi, va bene.

Ma se non si aggiunge anche l’altruismo desiderando che questa persona viva altrettanto per se' stesso, allora qualcosa non funziona.

Non è, però, perché l’egoismo sia sbagliato, ma perché manca l’altruismo.

Che si desideri qualcosa per se stessi fa parte dell’amor proprio che è assolutamente indispensabile.

Si deve soltanto con assoluta precisione ed onestà controllare se è presente solo questa dimensione dell’egoismo, oppure se c’è anche la dimensione dell’amore per il prossimo.

La differenza fondamentale tra l’amore per il prossimo e l’amore per se stessi è che l’amor proprio non è liberamente scelto, è presente automaticamente.

L’amore per il prossimo invece è una libera scelta, perché non è mai automaticamente presente.

W.W.: Anche quando si cerca di pregare regolarmente, - cioè, anche in quei momenti in cui tutto va bene -, e soprattutto si cerca di pregare in modo disinteressato, partendo da un sentimento d’amore per il prossimo, spesso questo è accompagnato da una lieve componente di egoismo: credere che alla fin fine qualcosa possa saltar fuori anche per se stessi.

Accetterebbe anche questa piccola parte di egoismo?

P.A.: La piccola parte di egoismo non mi basta, perché io prendo l’egoismo tanto seriamente quanto l’altruismo. L’egoismo c’è sempre, appieno, non può essere altrimenti. Se pensassi di non essere egoistico, vivrei nella più grande delle illusioni.

W.W.: Ma io posso anche dare qualcosa a qualcuno senza augurarmi che mi venga qualcosa in cambio.
Credo che l’uomo possa permettersi questo disinteresse, - privo di ogni componente egoistica.

P.A.: Ma ciò che io desidero è contemporaneamente la gratificazione del dono.
L’egoismo indispensabile in questo caso non consiste nell’aspettarmi qualcosa dall’altro,
ma nel fatto che ricevo direttamente qualcosa dal mio dono, e cioè: la gioia di potermi sentire qualcuno che dona.

Questo tipo di egoismo deve esserci per forza e va bene.

Rimane solo la domanda se sia lì da solo.

W.W.: Ma non deve essere così per forza che si voglia godere donando, anche se spesso potrebbe essere così!

P.A.: Invece sì, ognuno lo vive così, spesso senza saperlo.

Non è importante se ne siamo consapevoli o meno.

E’ l’espressione del proprio essere che è egoistico in modo sano.

Il mio essere si esprime, si manifesta come essere che dona.

Perciò è una grandissima illusione voler abolire l’egoismo.


Per poterlo fare dovrei abolire me stesso, e questo di nuovo non serve al mondo.

In questa condanna dell’egoismo consiste una delle moralizzazioni più grosse, più vaste della storia dell’umanità.

Si pensa che colui che ama gli altri più di se stesso sia un uomo migliore.

Così si vuole Cristo “Supercristo”.

Ed invece ciò che conta è che siamo tutti membri di un unico corpo, il corpo di Cristo.
Non si può amare un membro più di un altro. O amo l’intero organismo, ma allora con tutti i suoi membri, me stesso incluso, oppure non amo l’intero organismo.

O c’è benessere per tutti, oppure rovina per tutti.

In ciò che è cristiano, cioè veramente umano, non esiste la salvezza privata, perché non c’è un’esistenza privata nell’unità dell’organismo umano.


TRATTO DA: le dimesioni della preghiera,intervista con Pietro Archiati

giovedì 22 ottobre 2009

riflessioni di Benedetto XVI

....Vorrei concludere queste riflessioni su san Bernardo con le invocazioni a Maria, che leggiamo in una sua bella omelia. "Nei pericoli, nelle angustie, nelle incertezze, - egli dice - pensa a Maria, invoca Maria. Ella non si parta mai dal tuo labbro, non si parta mai dal tuo cuore; e perché tu abbia ad ottenere l'aiuto della sua preghiera, non dimenticare mai l'esempio della sua vita. Se tu la segui, non puoi deviare; se tu la preghi, non puoi disperare; se tu pensi a lei, non puoi sbagliare. Se ella ti sorregge, non cadi; se ella ti protegge, non hai da temere; se ella ti guida, non ti stanchi; se ella ti è propizia, giungerai alla meta..".

(Hom. ii super "Missus est", 17: PL 183, 70-71).

domenica 20 settembre 2009

i santi

«I santi sono come le stelle all’orizzonte della nostra storia, che irradiano in continuazione luce nel mondo in mezzo agli annuvolamenti di questo tempo, in mezzo alla sua oscurità, cosicché possiamo vedere qualcosa della luce di Dio. E se qualche volta siamo tentati di dubitare della bontà di Dio a causa delle vicissitudini della storia, se siamo assaliti dal dubbio anche nei confronti dell’uomo, perché non sappiamo se sia buono o piuttosto intimamente cattivo e pericoloso, se dubitiamo anche della Chiesa a causa delle controversie e delle miserie che la travagliano, allora guardiamo a questi uomini che si sono aperti a Dio, a questi uomini nei quali Dio ha preso forma. E da essi riceveremo di nuovo luce.»

Joseph Ratzinger

giovedì 30 luglio 2009

Benedetto XVI e l'angelo custode

"Purtroppo il mio angelo custode non ha impedito il mio infortunio, seguendo certamente ordini superiori. Forse il Signore voleva insegnarmi più pazienza, più umiltà, darmi più tempo per la preghiera e la meditazione".

domenica 28 giugno 2009

...come diventare un Cristiano?

"Un'altra domanda era: come diventare un Cristiano?


"Innanzitutto, è necessario comprendere che un Cristiano non è un uomo che si dice Cristiano, o che altri dicono Cristiano.


Un Cristiano è un uomo che vive in conformità ai precetti del Cristo.


Così come siamo, non possiamo essere Cristiani.


Per essere Cristiani, dobbiamo essere capaci di 'fare'.

Noi non possiamo 'fare'; per noi, tutto 'accade'.


Il Cristo dice: 'Amate i vostri nemici', ma come amare i nostri nemici, quando non possiamo nemmeno amare i nostri amici? Qualche volta 'qualcosa ama', e qualche volta 'qualcosa non ama'.


Così come siamo, non possiamo neppure desiderare realmente di essere Cristiani, perché,ancora, qualche volta 'qualcosa desidera' e qualche volta 'qualcosa non desidera'.


E un uomo non può desiderare a lungo una sola cosa, perché improvvisamente, invece di desiderare di essere Cristiano, gli viene in mente un tappeto molto bello ma molto caro che ha visto in un negozio.


E invece di desiderare di essere Cristiano, comincia a pensare al modo di acquistare questo tappeto, dimenticando tutto ciò che concerne il Cristianesimo.


O se qualcun altro rifiuta di credere quale buon Cristiano egli sia, sarà pronto a mangiarlo o a farlo arrostire su carboni ardenti.


Per essere Cristiano, occorre 'essere'.

Essere significa: essere padrone di sé.


Se un uomo non è padrone di sé stesso, non ha nulla e non
può avere nulla.

E non può essere un Cristiano.

È semplicemente una (116Frammenti di un insegnamento sconosciuto)macchina, un automa. Una macchina non può essere un Cristiano.


Riflettete: è possibile che un'automobile, una macchina da scrivere o un fonografo siano Cristiani? Essi sono semplicemente delle cose controllate dal caso. Non sono responsabili. Sono delle macchine.

Essere Cristiano significa essere responsabile.

La responsabilità viene dopo, quando un uomo, anche parzialmente, cessa di essere una macchina e comincia effettivamente, non soltanto a parole, a desiderare di essere un Cristiano".

tratto da :Ouspensky frammenti di un insegnamento sconosciuto

sabato 27 giugno 2009

...che cosa non puo' fare il Signore?

......... Non so più chi tra di noi ricordò per primo un aneddoto ben conosciuto, ma poco rispettoso, nel quale vedemmo immediatamente una illustrazione di questa legge.


Si trattava della storia del vecchio seminarista che al suo esame finale continua a non capire l'idea dell'onnipotenza divina.


"Bene, fatemi un esempio di qualche cosa che il Signore non possa fare", dice il vescovo esaminatore.


"Non ci vuol molto, Vostra Eminenza', risponde il seminarista.

"Tutti sanno che il Signore stesso non può prendere l'asso di briscola con un comunissimo due".



Nulla poteva essere più lampante.

venerdì 26 giugno 2009

l'uomo

Il primo, quello sul quale insisteva maggiormente, era l’assenza di unità nell'uomo.
"Il più grande errore, egli diceva, è credere che l'uomo abbia
un'unità permanente. Un uomo non è mai uno. Continuamente egli
cambia. Raramente rimane identico, anche per una sola mezz'ora. Noi
pensiamo che un uomo chiamato Ivan sia sempre Ivan. Ma non è
così. Ora è Ivan, in un altro momento è Pietro, e un minuto più
tardi Nicola, Sergio, Matteo, Simone, anche se tutti pensiamo che sia
sempre Ivan. Sapete che Ivan non può commettere certe azioni, mentire
per esempio, ed ora scoprite che Ivan ha mentito e siete tutti sorpresi
che lui, Ivan, abbia potuto fare questo. Infatti, Ivan non può mentire, è
Nicola che ha mentito ed a ogni occasione Nicola mentirà nuovamente,
perché Nicola non può fare a meno di mentire. Rimarrete stupiti
rendendovi conto della moltitudine di questi Ivan e Nicola che vivono in
un solo uomo. Se imparerete ad osservarvi non avrete più bisogno di
andare al cinema".
"Tutto ciò, domandai, ha qualcosa a che fare con la coscienza delle
diverse parti ed organi del corpo? Credo di capire ciò che avete detto,
perché ho sovente sentito la realtà di queste coscienze. So che non
soltanto ogni organo, ma ogni parte del corpo avente una distinta fun-
zione, ha una coscienza sua propria; vi è una coscienza della mano
destra e una coscienza della mano sinistra. È questo che volete dire?".
"Non del tutto, disse G. Anche queste coscienze esistono, ma sono
relativamente innocue. Ognuna di esse conosce il suo posto e sa quello
che deve fare. Le mani sanno di dover lavorare, i piedi di dover cam-
minare. Ma questi Ivan, Pietro, Nicola, sono del tutto diversi: si
chiamano tutti 'IO', ossia si considerano come padroni e nessuno di
loro vuole riconoscerne un altro. Ciascuno di essi è il Califfo per
un'ora, fa ciò che gli piace senza riguardi per nessuno: saranno poi
gli altri a farne le spese. Nessun ordine regna fra di loro. Colui che
si impone è il padrone. Distribuisce frustate da tutte le parti senza
tener conto di nulla. Il momento seguente però, quando un altro avrà preso
la frusta, toccherà a lui riceverne i colpi. E cosi vanno le cose per tutta la vita.
Immaginate un paese in cui ciascuno possa essere re per cinque minuti, e durante questi
cinque minuti fare del suo regno tutto ciò che vuole. Ecco la nostra vita".

mercoledì 24 giugno 2009

appunti per studio

..."Molte cose sono possibili, disse G., ma occorre comprendere che l'essere dell'uomo, sia nella vita che dopo la morte, ammesso che esista dopo la morte, può essere di qualità molto differente.

L' 'uomo macchina', per il quale tutto dipende dalle influenze esteriori, per cui tutto accade, che ora è un certo uomo, il momento dopo un altro e più tardi ancora un terzo, non ha avvenire di sorta: viene sepolto e basta.

È polvere e ritorna polvere. Questo è detto per lui.

Perché si possa parlare di vita futura, di qualsiasi genere, ci deve essere una certa cristallizzazione, una certa fusione delle qualità interiori dell'uomo: una certa indipendenza dalle influenze esteriori.

Se in un uomo vi è qualcosa capace di resistere alle influenze esteriori, allora proprio questo qualcosa potrà resistere anche alla morte del corpo fisico.

Ora pensate: che cosa potrà resistere alla morte del corpo fisico in un uomo che sviene o dimentica tutto quando si taglia il dito mignolo? Se in un uomo vi è qualche cosa, questo qualcosa può sopravvivere; ma se non vi è niente, allora niente può sopravvivere.

Ma anche se questo 'qualcosa' sopravvive, il suo avvenire può essere molto vario.

In certi casi di completa cristallizzazione, dopo la morte si può produrre ciò che la gente chiama 'reincarnazione'; in altri casi, ciò che chiamano una 'esistenza nell'aldilà'.

Nei due casi, la vita continua nel 'corpo astrale' o con l'aiuto del 'corpo astrale': sapete ciò che significa questa espressione.

Ma i sistemi che conoscete e che parlano di 'corpo astrale' affermano che tutti gli uomini lo possiedono. Ciò è assolutamente falso.

Ciò che può essere chiamato 'corpo astrale' è ottenuto per fusione, cioè per mezzo di una lotta e di un lavoro interiore terribilmente duro. L'uomo non nasce con un corpo astrale, e soltanto pochissimi uomini arrivano ad averne uno.

Una volta costituito, il 'corpo astrale' può continuare a vivere dopo la morte del corpo fisico, e può rinascere in un altro corpo fisico: ecco la 'reincarnazione'.

Se non è rinato, allora, nel corso del tempo muore anch'esso; non è immortale, ma può vivere molto tempo dopo la morte del corpo fisico.

"Fusione, unità interiore, sono ottenute nell'uomo per 'frizione', per mezzo della lotta tra il 'sì' e il 'no'.

Se un uomo vive senza lotta interiore, se in lui tutto accade senza opposizione, se va sempre seguendo la corrente, o come il vento lo spinge, allora resterà come è.

Ma se una lotta ha inizio in lui e soprattutto se questa lotta ha una linea definita, allora gradualmente certe caratteristiche permanenti cominciano a formarsi in lui; egli comincia a 'cristallizzare'.

Ma, se la cristallizzazione è possibile su una base giusta, lo è altresì su di una base falsa.

Per esempio, la paura del peccato, o una fede fanatica in una [40 Frammenti di un insegnamento sconosciuto] idea qualsiasi, possono provocare una lotta terribilmente intensa tra il 'sì' e il 'no', e un uomo può cristallizzare su tali basi.

Ma questa sarà una cristallizzazione sbagliata e incompleta.

Quest'uomo perderà così ogni altra possibilità di sviluppo.

Affinchè gli sia restituita la possibilità di uno sviluppo ulteriore, egli dovrà essere innanzitutto 'rifuso' e questo può essere compiuto soltanto attraverso terribili sofferenze.

"La cristallizzazione è possibile su qualsiasi base.

Prendete ad esempio un brigante di buona razza, un brigante autentico.

Ne ho conosciuti io stesso nel Caucaso.

Un tale brigante resterà sul ciglio di una strada, fucile alla mano, dietro una roccia, per otto ore senza fare il minimo movimento.

Potreste fare altrettanto?

A ogni istante, cercate di capirlo, una lotta si scatena in lui.

Egli ha caldo, ha sete, le mosche lo divorano; ma non si muove.

Un altro è monaco; ha paura del diavolo; batte la testa contro il suolo e prega tutta la notte.

Così la cristallizzazione si compie.

In tal modo è possibile generare in se stessi una forza interiore enorme; si possono sopportare torture; si può ottenere tutto ciò che si vuole.

Questo significa che in questi uomini, a partire da un certo momento, vi è qualcosa di solido, di permanente.

Persone di questa fatta possono diventare immortali.

Ma con quale vantaggio?

Un uomo di questa specie diventa una 'cosa immortale', 'una cosa', benché una certa quantità dì coscienza sia talvolta conservata in lui. Però, occorre ricordarlo, si tratta di casi eccezionali".

Nelle conversazioni che seguirono quella serata, un fatto mi colpì:
di tutto quello che G. aveva detto nessuno aveva inteso la stessa cosa; certuni avevano prestato attenzione solo a considerazioni secondarie, non essenziali, e non ricordavano altro.

I principi fondamentali esposti da G. erano sfuggiti alla maggioranza.

Pochissimi furono coloro che fecero domande sull'essenza di ciò che era stato detto.

Una di queste domande mi è rimasta in mente:

"Come si può provocare la lotta tra il 'sì' e il 'no'?

"È necessario il sacrificio, disse G.

Se niente è sacrificato, niente può essere ottenuto, ed è indispensabile sacrificare ciò che è prezioso al momento stesso, sacrificare molto e per molto tempo.

Tuttavia, non per sempre.

Questo di solito non è capito, invece è importantissimo.

Occorrono sacrifici, ma quando il processo di cristallizzazione è compiuto, le rinunce, le privazioni e i sacrifici non sono più necessari.

Un uomo può allora avere tutto ciò che vuole.

Per lui non vi è più legge: egli è per se stesso la propria legge".



lunedì 22 giugno 2009

appunti


... Per quanto riguardava il suo lavoro di Mosca, G. diceva di avere due gruppi senza relazione fra di loro e occupati in lavori diversi, "secondo il grado della loro preparazione e le loro possibilità", come egli si espresse.

Ogni membro di questi gruppi pagava mille rubli all'anno e poteva lavorare con lui, pur continuando nella vita le proprie attività ordinarie.
Dissi che, a mio parere, mille rubli all'anno erano una somma troppo forte per quelli che non avevano redditi.

G. replicò che non c'era altra soluzione, poiché, data la natura stessa del lavoro, egli non poteva avere troppi allievi.

D'altra parte, non desiderava e non doveva — accentuò queste parole — spendere il proprio denaro per l'organizzazione del lavoro.

Il suo lavoro non era, non poteva essere, di genere caritatevole, e i suoi allievi dovevano trovare da soli i fondi per l'affitto degli appartamenti dove potersi riunire, per gli esperimenti e tutto il resto.

Oltre a ciò, aggiunse, l'osservazione ha dimostrato che le persone deboli nella vita si rivelano altrettanto deboli nel lavoro.
"Vi sono altri aspetti di questa idea, disse G. Il lavoro di ciascuno può comportare spese, viaggi, ed altro. Se la vita di un uomo è talmente mal organizzata che la spesa di mille rubli può ostacolarlo, sarebbe meglio per lui non intraprendere nulla con noi.

Supponete che un giorno il suo lavoro esiga che egli si rechi al Cairo o altrove. Egli deve avere
i mezzi per farlo.

Con la nostra richiesta vediamo se è in grado di lavorare con noi oppure no.

"A parte questo, continuò, ho veramente troppo poco tempo per sacrificarlo agli altri, senza essere sicuro che farà loro del bene.

Valuto molto il mio tempo, dato che ne ho bisogno per la mia opera, per cui non posso e, come ho già detto, non voglio usarlo improduttivamente.

E vi è un'ultima ragione: per apprezzare una cosa bisogna pagarla".

Ascoltavo queste parole con uno strano sentimento. Da un lato, tutto quello che G. diceva mi piaceva. Ero attratto dall'assenza di qualsiasi elemento sentimentale, di qualsiasi verbosità convenzionale sull' 'altruismo' e il 'bene dell'umanità', ecc.

D'altra parte, ero sorpreso dal desiderio palese che egli aveva di convincermi su questo argomento del denaro, mentre io non avevo nessun bisogno di essere convinto.

Se vi era un punto sul quale non ero d'accordo, era semplicemente sul modo di raccogliere il denaro, poiché nessuno degli allievi che avevo visto poteva pagare mille rubli l'anno. Se G. aveva realmente scoperto in Oriente delle tracce visibili e tangibili di una conoscenza nascosta e se continuava le sue ricerche in questa direzione, allora era chiaro che la sua opera aveva bisogno di fondi, proprio come qualsiasi altro lavoro scientifico, come una spedizione in qualche parte sconosciuta del mondo, scavi in un'antica città, o qualsiasi investigazione che richieda numerosi ed elaborati esperimenti fisici o chimici. Non era affatto necessario cercare di convincermi di tutto questo. Al contrario, pensavo che,se G. mi avesse dato la possibilità di conoscere meglio quello che faceva,sarei probabilmente stato in grado di procurargli tutti i fondi di cui poteva aver bisogno per dare una salda base alla sua opera e pensavo anche di presentargli persone meglio preparate. Ma naturalmente non avevo che un'idea molto vaga di quello che poteva essere il suo lavoro.
Senza dirlo apertamente, G. mi fece capire che mi avrebbe accettato come suo allievo se ne avessi espresso il desiderio.
Gli dissi che il più grande ostacolo da parte mia era che per il momento non potevo vivere a Mosca, perché mi ero impegnato con un editore di Pietroburgo, e che stavo preparando vari libri da pubblicare. G. mi disse che andava talvolta a Pietroburgo, mi promise di venirci presto e di avvertirmi del suo arrivo.
"Ma se mi unissi al vostro gruppo, dissi a G., mi troverei di fronte ad un difficilissimo problema. Non so se esigete dai vostri allievi la promessa di mantenere il segreto su tutto quello che imparano da voi; io non potrei fare una simile promessa.

Vi sono state due occasioni nella mia vita in cui avrei avuto la possibilità di unirmi a gruppi im-
pegnati in un lavoro che, per quanto posso capire, mi pare simile al vostro, e ciò mi avrebbe molto interessato a quel tempo. Ma, in entrambi i casi, la mia adesione mi avrebbe impegnato a mantenere il segreto su tutto ciò che avrei potuto imparare. E io rifiutai in entrambi i casi, perché sono innanzitutto uno scrittore e desidero essere assolutamente libero di decidere da solo che cosa scriverò e che cosa non scriverò. Se prometto di mantenere il segreto su qualcosa che mi verrà detto, forse in seguito potrebbe essere molto difficile separare ciò che mi sarà stato detto da ciò che avrebbe potuto venirmi in mente in relazione con quell'argomento, o anche senza relazione.
Per esempio,oggi so molto poco delle vostre idee, ma so che quando cominceremo a parlare, arriveremo molto presto alle questioni di tempo e di spazio,alle dimensioni di ordine superiore e così via. Sono questioni sulle quali lavoro da molti anni. Non ho alcun dubbio che esse debbano
occupare un posto importante nel vostro sistema".
G. annui.
"Bene, vedete che se ora parlassimo sotto il vincolo del segreto, da questo momento non saprei più cosa posso scrivere e cosa non posso più scrivere".
"Ma quali sono, dunque, le vostre idee su questo argomento?,
disse G. Non si deve parlare troppo.
Vi sono cose che vengono dette solo per gli allievi".
"Potrei accettare questa condizione soltanto temporaneamente. Naturalmente sarebbe ridicolo se mi mettessi subito a scrivere su quello che potrei imparare da voi. Ma se non intendete, per principio, fare segreto delle vostre idee, se vi preoccupate unicamente che non siano trasmesse sotto una forma alterata, allora posso sottoscrivere una tale condizione e attendere di avere una migliore comprensione del vostro insegnamento.
Mi è capitato di frequentare un gruppo di persone che si dedicavano a una serie di esperimenti scientifici su vastissima scala.
Non facevano mistero del loro lavoro. Ma avevano posto la condizione che nessuno di loro avrebbe avuto diritto di parlare o scrivere di un qualsiasi esperimento, a meno che non fosse egli stesso in grado di effettuarlo. Fino a quando fosse incapace di ripetere egli stesso l'esperimento, doveva tacere".
"Non vi potrebbe essere miglior formula, disse G., e se siete d'accordo nell'osservare questa regola, tale questione non si porrà mai tra noi".
"Vi sono condizioni per entrare nel vostro gruppo? domandai. E chi vi entra è legato per sempre al gruppo e a voi? In altre parole, desidero sapere se è libero di ritirarsi e di abbandonare il lavoro, oppure se deve assumersi obblighi definitivi. Come vi comportate verso di lui
se non li adempie?".
"Non vi è alcuna condizione, disse G., e non ve ne possono essere.
Il nostro punto di partenza è che l'uomo non conosce se stesso, che egli non è (accentuò queste parole), ossia non è ciò che potrebbe e dovrebbe essere.

Per questa ragione non può prendere alcun impegno, né assumersi alcun obbligo. Non può decidere nulla riguardo al futuro.
Oggi è una persona, domani un'altra. Non è dunque legato a noi in alcun modo e, se lo desidera, può in qualsiasi momento lasciare il lavoro e andarsene. Non vi è alcun obbligo, né nella nostra relazione con lui, né nella sua con noi.
"Se ne ha voglia, egli può studiare. Dovrà studiare per molto tempo e lavorare molto su se stesso. Il giorno in cui avrà imparato abbastanza, allora la cosa sarà diversa. Vedrà da solo se il nostro lavoro gli piaceo no.
Se lo desidera, potrà lavorare con noi; se no, potrà andarsene.
Fino a quel momento è libero. Dopo di che, se rimarrà, sarà in grado di decidere o disporre per l'avvenire.

domenica 21 giugno 2009

La... "considerazione"


...
Mi parlava di un uomo che avevo incontrato con lui una volta, e delle sue relazioni con certe persone.

"È un uomo debole, mi diceva.

Le persone si servono di lui, inconsciamente, ben inteso.


E questo perché egli le considera.


Se non le considerasse, tutto cambierebbe e le persone stesse cambierebbero".

Mi parve strano che un uomo non dovesse considerare gli altri.

"Che cosa intendete per considerare} gli domandai. Vi capisco e non vi capisco. Questa parola ha significati diversissimi ".

"È precisamente il contrario, disse G. Ha soltanto un significato.

Cercate di pensarci".

Più tardi compresi quello che G. intendeva per considerazione.

E mi resi conto dell'enorme posto che essa occupa nella nostra vita e di tutto ciò che ne deriva.

G. chiamava 'considerazione' l'attitudine che crea una schiavitù interiore, una dipendenza interiore.

Avemmo in seguito numerose occasioni di riparlarne.

appunti



....Domandai:
"Può un uomo smettere di essere una macchina?".

"Ah! È proprio questo il problema. Se voi aveste fatto più spesso simili domande, forse le nostre conversazioni avrebbero potuto condurre a qualche cosa.

Sì, è possibile smettere di essere una macchina,ma, per questo, è necessario prima di tutto conoscere la macchina.

Una macchina, una vera macchina, non conosce se stessa e non può conoscersi.

Quando una macchina conosce se stessa, da quell'istante ha cessato di essere una macchina; per lo meno non è più la stessa macchina di prima.


Comincia già ad essere responsabile delle proprie azioni".

"Questo significa, secondo voi, che un uomo non è responsabile delle proprie azioni?".

"Un uomo — ed egli sottolineò questa parola — è responsabile.

Una macchina no".


Un'altra volta domandai a G.:
"Qual è, secondo voi, la migliore preparazione per lo studio del vostro metodo?
Per esempio, è utile studiare la cosiddetta letteratura 'occulta' o 'mistica'?".

Dicendo questo, pensavo in modo particolare ai 'Tarocchi' e a tutta la letteratura riguardante i 'Tarocchi'.

"Sì, disse G., attraverso la lettura si può trovare molto.
Per esempio, considerate il vostro caso: voi potreste conoscere già molte cose se foste capace di leggere.
Mi spiego: se voi aveste compreso tutto quello che avete letto nella vostra vita, avreste già la conoscenza di
ciò che ora cercate.

Se aveste capito tutto quanto è scritto nel vostro libro, qual è il suo titolo? — e invece delle parole Tertium Organum' pronunciò qualcosa di assolutamente impossibile — toccherebbe a me venire da voi, inchinarmi e pregarvi di insegnarmi.


Ma voi non comprendete né quello che leggete, né quello che scrivete.

Non capite neppure quel che significa la parola comprendere.

La comprensione è tuttavia la cosa essenziale, e la lettura può essere utile solo a condizione che si comprenda ciò che si legge.

Ma naturalmente nessun libro può dare una preparazione reale.

È quindi impossibile dire quali siano i libri migliori. Ciò che un uomo conosce bene — e accentuò la parola 'bene' — questa può essere la sua preparazione. Se un uomo sa bene come si prepara il caffè, o come si fanno bene le scarpe, allora è già possibile parlare con lui.

Il guaio è che nessuno conosce bene qualcosa.


Tutto è conosciuto alla meglio, in modo superficiale".

Si trattava ancora di una svolta inaspettata che G. dava alle sue spiegazioni.

Le sue parole, oltre al loro senso ordinario, ne contenevano sempre un altro completamente diverso.
Ma intravedevo già che per arrivare a questo senso nascosto, bisognava cominciare dal loro senso usuale e semplice.

Le parole di G., prese nel senso più semplice, erano sempre piene di significato, ma esse ne avevano anche altri.

Il significato più ampio e più profondo, rimaneva velato per molto tempo.


Un'altra conversazione è rimasta nella mia memoria.

Domandavo a G. che cosa un uomo dovesse fare per assimilare il suo insegnamento.

"Cosa deve fare?, esclamò come se la domanda lo sorprendesse.

Ma egli è incapace di fare qualcosa.

Deve prima di tutto comprendere certe cose.

Ha migliaia d'idee false e di concezioni false soprattutto su di sé e deve cominciare con il liberarsi perlomeno da alcune di esse, se vuole acquistare qualcosa di nuovo.

Altrimenti, il nuovo sarebbe edificato su una base falsa ed il risultato sarebbe ancora peggiore".

Capitolo I 27

"Come ci si può liberare dalle idee false? domandai.

Noi dipendiamo dalle forme della nostra percezione.

Le idee sono prodotte dalle forme della nostra percezione".

G. scosse la testa:
"Di nuovo voi parlate di un'altra cosa.


Voi parlate degli errori derivanti dalle percezioni, ma non si tratta di questo.

Nei limiti di date percezioni si può sbagliare più o meno.

Come vi ho già detto, la suprema illusione dell'uomo è la sua convinzione di poter fare.


Tutti pensano di poter fare, vogliono fare, e la loro prima domanda riguarda sempre ciò che dovranno fare.

Ma a dire il vero, nessuno fa qualcosa e nessuno può fare qualcosa.

Questa è la prima cosa che
bisogna capire.

Tutto accade.

Tutto ciò che sopravviene nella vita di un uomo, tutto ciò che si fa attraverso di lui, tutto ciò che viene da lui — tutto questo accade.

E questo capita allo stesso modo come la pioggia cade perché la temperatura si è modificata nelle regioni superiori dell'atmosfera, come la neve fonde sotto i raggi del sole, come la polvere si solleva con il vento.

"L'uomo è una macchina.

Tutto quello che fa, tutte le sue azioni, le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, opinioni, abitudini, sono i risultati di influenze esteriori, di impressioni esteriori.

Di per se stesso un uomo non può produrre un solo pensiero, una sola azione.


Tutto quello che dice, fa, pensa, sente — accade.

L'uomo non può scoprire nulla, non può inventare nulla.

Tutto questo accade.


"Ma per stabilire questo fatto, per comprenderlo, per convincersi della sua verità, bisogna liberarsi da mille illusioni sull'uomo, sul suo potere creativo, sulla sua capacità di organizzare coscientemente la sua propria vita, e co sì via.

T utto q uesto in realtà no n esiste.

T utto accade— movimenti popolari, guerre, rivoluzioni, cambiamenti di governi, tutto accade.

E capita esattamente nello stesso modo in cui tutto accade nella vita dell'uomo preso individualmente.

L'uomo nasce, vive, muore,costruisce case, scrive libri, non come lo desidera, ma come capita.

Tutto accade.

L'uomo non ama, non desidera, non odia — tutto accade.

"Nessuno vi crederà se gli dite che non può fare nulla.

Questa è la cosa più offensiva e spiacevole che si possa dire alla gente.

Ed è particolarmente spiacevole e offensiva perché è la verità e nessuno vuol conoscere la verità.



"Se capite questo, ci sarà più facile parlare.

Ma una cosa è capire con l'intelletto che l'uomo non può far nulla ed un'altra sentirlo vivamente 'con tutta la propria massa'; essere realmente convinti che è così e mai dimenticarlo.

"Questa questione del fare (G. accentuava tutte le volte questa parola) si collega del resto a un'altra.

Alla gente sembra sempre che gli altri non facciano nulla come si dovrebbe, che gli altri facciano
tutto sbagliato.

Invariabilmente ognuno pensa che lui potrebbe fare meglio.

Nessuno comprende né vuol comprendere che ciò che viene fatto attualmente in un certo modo — e soprattutto ciò che è stato già fatto — non poteva essere fatto altrimenti.

Avete notato come parlano tutti della guerra? Ognuno ha il proprio piano, la propria teoria.

Ognuno è del parere che niente viene fatto come si dovrebbe.

In verità però, tutto viene fatto nell'unico modo possibile.

Se una sola cosa potesse essere fatta diversamente, tutto potrebbe diventare diverso.
E allora forse non ci sarebbe stata la guerra.

"Cercate di, capire quel che dico: tutto dipende da tutto, tutte le cose sono collegate, non vi è niente di separato.

Tutti gli avvenimenti seguono dunque il solo cammino che possono prendere.

Se le persone potessero cambiare, tutto potrebbe cambiare.

Ma esse sono quelle che sono, e di conseguenza le cose, anche esse sono quelle che sono".


Era molto difficile da mandar giù.

"Non vi è nulla, assolutamente nulla, che possa essere fatto?",domandai.

"Assolutamente nulla".

"E nessuno può fare nulla?".

"È un'altra questione.

Per fare, bisogna essere.

E bisogna per prima cosa comprendere cosa significa essere.

Se continueremo queste conversazioni, vedrete che ci serviremo di un linguaggio speciale e che per essere in grado di parlare con noi, bisogna imparare questo linguaggio.

Non vale la pena di parlare nel linguaggio ordinario, perché, in questa lingua è impossibile comprenderci.

Questo vi stupisce. Ma è la verità.

Per riuscire a comprendere è necessario imparare un'altra lingua.

Nella lingua che parla la gente non ci si può capire.

Vedrete più tardi perché è così.

"E poi bisogna imparare a dire la verità.

Anche questo vi sembra strano.

Non vi rendete conto che si debba imparare a dire la verità.

Vi sembra che basti desiderare o decidere di dirla.

E io vi dico che è relativamente raro che le persone dicano una bugia deliberatamente.

Nella maggior parte dei casi pensano di dire la verità.
Mentono continuamente, sia a se stessi che agli altri.


Di conseguenza nessuno comprende gli altri, né se stesso.

Pensateci: potrebbero esserci tante discordie, profondi malintesi e tanto odio verso il punto di vista o l'opinione
altrui, se le persone fossero capaci di comprendersi l'un l'altro?

Ma non possono comprendersi perché non possono non mentire.

Dire la verità è la cosa più difficile del mondo; si deve studiare molto, e per molto tempo, per poter un giorno dire la verità.

Il desiderio solo non
basta.

Per dire la verità, bisogna essere diventati capaci di conoscere cosa è la verità e cos'è una menzogna; e prima di tutto in se stessi.

E questo nessuno lo vuol conoscere".

Ouspensky : frammenti di un insegnamento iniziatico

un segreto?



...Per esempio, considerate questo: un uomo potrebbe trovarsi, non all'inizio naturalmente, ma più tardi, nella situazione di dover mantenere, almeno per un certo tempo, il segreto su qualche cosa che ha imparato.

Ma come può promettere di mantenere il segreto un uomo che non conosce se stesso?

Naturalmente può promettere, ma può mantenere la promessa?

Infatti egli non è uno, vi sono in lui una moltitudine di uomini.

Qualcuno in lui promette e crede di voler mantenere il segreto.

Ma domani un altro in lui lo dirà alla moglie o ad un amico davanti a una bottiglia di vino; oppure qualcuno, interrogandolo con astuzia, può fargli dire tutto senza che egli neppure se ne accorga.

Oppure, può essere suggestionato o, quando meno se lo aspetta, lo si aggredirà e, spaventandolo, gli si farà fare tutto ciò che si vuole.

Quale specie di impegno potrebbe dunque assumere?

No, con un tale uomo non parleremo seriamente.

Per essere capace di conservare un segreto,un uomo deve conoscere se stesso e deve essere.

E un uomo come lo sono tutti è ben lontano da questo.


TRATTO DA : Ouspensky frammenti di un insegnamento sconosciuto

martedì 16 giugno 2009

Omnes isti...


Omnes isti in generationibus gentis suae gloriam adepti sunt et in diebus suis habentur in laudibus

mercoledì 10 giugno 2009

appunti

Nel paradiso terrestre la mela colta dall’albero del bene e del male, sulla quale è basato il biblico inganno, altro non è che un frutto simbolico, come gli psicologi moderni tendono a dimostrare. Quel frutto, infatti, è stato mangiato dall’umana progenie ed, una volta ingerito, concede, a chi se n’è nutrito, la coscienza della virtualità (il bene ed il male) e rende virtuale, cioè mortale, l’uomo stesso, quindi è un veleno.


tratto da : estratto archetipi di Corrado Malanga

sabato 16 maggio 2009

- appunti -

(Da un antico manoscritto del convento del monte Athos, dell’abate Xerocarca: “Mettiti seduto ed eleva il tuo Spirito al disopra di ogni cosa vana e temporale. Quindi abbassa il mento sul petto e con tutte le forze dell’anima apri l’occhio percipiente, che è nel mezzo del tuo cuore. Sforzati di cercare il sito preciso del cuore, dove sono destinate ad abitare tutte le forze dell’anima. Da principio troverai incontrerai oscurità e resistenza, ma se perseveri in questo lavoro giorno e notte finirai per provare una gioia inesprimibile: poichè appena trovato il luogo del cuore, lo Spirito vede ciò che prima non è mai stato in grado di conoscere. Egli vede allora l’aria, che sta tra lui e il cuore, splendente chiara e percettibile di una luce “miracolosa”.)

martedì 12 maggio 2009

PAURA (seconda parte)

I. DEPRESSIONE O IL SUO POLO OPPOSTO, EUFORIA.


Quando tocchiamo il soggetto della depressione ci occupiamo di un fattore tanto diffuso che ben pochi riescono a sfuggirne gli attacchi. È come un miasma, una nebbia che avvolge l’uomo impedendogli di vedere con chiarezza, di camminare sicuro e conoscere la Realtà.

Essa fa parte della grande illusione e quando ciò sarà compreso, diverrà evidente il perché esista la depressione, la cui causa è astrale o fisica e inerente a una situazione mondiale o personale.

Possiamo quindi studiare la depressione come si presenta nell’individuo e considerarne le cause che sono:

307 l. L’illusione mondiale. Essa trascina un’unità isolata, altrimenti esente da condizioni individuali che potrebbero determinare una depressione, nel profondo di una reazione mondia- le. Questa illusione mondiale, con i suoi effetti devitalizzanti e deprimenti, ha le sue radici in diversi fattori che ci limiteremo a indicare solo breve mente:
a. Fattori astrologici che influenzano l’oroscopo planetario e di conseguenza gli indivi- dui, oppure principalmente razziali. Questi due fattori sono spesso trascurati.
b. Il corso del Sole nei cieli. Il corso del sud tende a esercitare un influsso vibratorio più basso e gli aspiranti dovrebbero tenerlo presente in autunno e nei primi mesi inverna- li.
c. Il periodo della luna calante nella fase finale e l’inizio della luna nuova.
Come ben sapete ciò influisce sulla meditazione.

d. Fattori psicologici e inibizioni di massa, dovuti indubbiamente a forze esterne al pianeta e a piani il cui intento è oscuro per l’umanità media.
Queste forze, che influiscono sul genere umano, colpiscono i più sensibili; questi a loro volta influenzano il loro ambiente e progressivamente viene a crearsi un impulso che si diffonde in tutta una razza o una nazione, per un certo periodo o un ciclo di anni, producendo condizioni di profonda depressione e sfiducia reciproca.
Ne risulta un triste egocentrismo ed è un fenomeno che noi chiamiamo panico o un’ondata di irrequietezza. Il fatto che possa ripercuotersi sul piano militare, economico, sociale o politico, oppure sfociare in una guerra o un’inquisizione religiosa, in una crisi finanziaria o internazionale è di secon- daria importanza.

Le cause risalgono ai disegni del processo evolutivo e sono governate dalla buona Legge, anche se non è evidente.


2. Polarizzazione astrale.

Finché l’uomo s’identifica con il proprio corpo emotivo, finché interpreta la vita secondo i suoi umori e sentimenti, finché reagisce al desiderio, avrà sempre momenti di disperazione, di oscurità, di dubbio, di angoscia e depressione.

Essi sono dovuti all’illusione del piano astrale che deforma, capovolge e inganna.

Non è necessario dilungarci su quest’argomento.

Se c’è un fattore che gli aspiranti riconoscono, è la necessità di liberarsi dalla Grande Illusione.

Arjuna lo sapeva, eppure cedette alla disperazione.

Tuttavia, nell’ora della necessità Krishna non gli venne meno, ma nella Gita stabilì le semplici regole che permettono di superare la depressione e il dubbio e che possono essere brevemente riassunte come segue:

a. Conosci te stesso come l’Essere immortale.

b. Governa la tua mente, poiché per mezzo di quella mente l’Essere immortale può essere conosciuto.

c. Apprendi che la forma non è che il velo che nasconde lo splendore della Divinità.
d. Realizza che la Vita Una pervade tutte le forme, sicché non vi è , morte, non vi è dolore, non vi è separazione.

e. Distaccati perciò dal lato forma e vieni a Me, dimorando nel luogo in cui si trovano Luce e Vita.

Così l’illusione finirà.


309 È la sua polarizzazione astrale che espone l’uomo alle proprie molteplici reazioni emotive e alle ondate di sentimenti di massa d’ogni genere.

Questa è la causa per cui egli viene trascinato in quel vortice d’energia incontrollata e di forza emotiva mal diretta che si risolve in una guerra mondiale, in panico nella sfera finanziaria, in un risveglio religioso o in un linciaggio.

Essa lo può portare anche al massimo dell’euforia e della felicità effimera, in cui la “luce ingannevole” del piano astrale gli svela false fonti di svago oppure, data la sua sensibilità, l’euforia di massa lo trascina a una forma di isterismo che si manifesta come allegria sfrenata, che è il polo opposto al pianto irrefrenabile.

Non mi riferisco naturalmente alla vera allegria o al fine senso dell’umorismo, ma a quegli scoppi d’ilarità isterica molto comuni fra la gente e che finiscono in reazioni di stanchezza.

3. Una condizione di devitalizzazione del corpo fisico, dovuta a varie cause, come ad esempio:
1. Un corpo eterico o vitale esaurito.
2. Malattia fisica, congenita o portata da una vita precedente, contratta accidentalmente o dovuta a reazioni emotive errate, oppure al karma di gruppo, come nel caso di un’epidemia.


3. Condizioni atmosferiche. Questo fattore a volte è trascurato, ma le condizioni atmosferiche, il clima, la densità, umidità o siccità, il caldo e il freddo hanno un preciso effetto sullo stato psicologico.

Se studierete, troverete che tutte le cause secondarie e temporanee della depressione e del suo opposto si possono raggruppare in una di queste tre categorie e, quando se ne sia accertata la causa, il rimedio diviene evidente.


Mi sono soffermato un po’a lungo sulle due prime manifestazioni di forza astrale, ossia la paura, comprendente paura della morte, del futuro, della sofferenza, dell’insuccesso e le numerose paure minori cui l’umanità è soggetta e la depressione, poiché in questa epoca e in questo ciclo esse costituiscono il Guardiano della Soglia.

Entrambe indicano una reazione senziente a certi fattori psicologici e non possono essere trattate usando un altro fattore come il coraggio.

Esse devono essere risolte dall’onniscienza dell’anima che opera tramite la mente, non dalla sua onnipotenza.


310 Queste parole contengono un cenno occulto. Non tratterò degli altri fattori elencati, come il desiderio di felicità, di soddisfazione degli appetiti animali, di liberazione, poiché per la maggioranza non costituiscono un problema come i primi due.

Si potrebbe scrivere a lungo sulla manifestazione e la causa di tutti questi fattori, ma quando paura e depressione saranno superate, il genere umano entrerà in possesso della suo retaggio di felicità, di vera soddisfazione (di cui gli appetiti sopra indicati non sono che i simboli) e di liberazione.

È meglio trattare prima dei mali fondamentali.

Una volta dominati, non rimarrà che giusto orientamento e pola- rizzazione nell’anima.

Prenderemo poi in considerazione il modo di superare la vibrazione errata del corpo astrale e l’uso dell’energia astrale nella direzione giusta.


Abbiamo ampiamente trattato del corpo senziente o astrale e considerato i vari modi errati in cui esso si fa sentire.

L’umanità vibra principalmente in uno di questi modi e il corpo senziente di un essere umano comune non è quasi mai libero da qualche umore, paura o agitazione.

Ciò ha determinato una situazione per cui il plesso solare si è sviluppato in modo anormale.


La vita della maggioranza degli esseri umani è governata dal centro sacrale e dal plesso solare e questa è la ragione per cui il desiderio di vita materiale e quello di soddisfazione sessuale sono così strettamente connessi.

Nell’animale, il plesso solare costituisce il cervello e governa tutte le reazioni istintive, ma non è così strettamente legato all’espressione puramente sessuale come lo è nell’essere umano.


Quando il cervello diviene sensibile alla mente che si risveglia e non è più completamente occupato a registrare l’impressione sensoria, avviene l’orientamento che col tempo eleverà la coscienza ai centri situati sopra il diaframma.

Il plesso solare verrà allora relegato di nuovo alla sua vecchia funzione di strumento direttivo della vita animale puramente istintiva.

Per lo studente avanzato il plesso solare è largamente l’organo della sensibilità psichica e rimarrà tale fintanto che i poteri psichici superiori non avranno sostituito quelli inferiori e l’uomo agirà come anima.

La vita sensoria cadrà allora sotto la soglia della coscienza.

TRATTO DA: A.Bailey trattato di magia bianca

sabato 18 aprile 2009

appunti

La reale libertà può scaturire soltanto dallo svincolamento dalla psiche, ossia dal dominio degli ostacolatori.

L’uomo si sente libero, ma in realtà è libero secondo l’impulso di Lucifero.
Scopo di Arimane e Lucifero è impedire all’uomo, attraverso la dialettica, che ritrovi sè stesso al di là dell’astrale da essi dominato.

La concentrazione è per il cercatore moderno la possibilità di restituire all’Io la relazione normalmente usurpata dal corpo astrale.

L’intelligenza della Tenebra tende con tutti i mezzi a evitare che il pensiero conosca il proprio movimento indipendente dal contenuto: opera in modo che il pensiero non distingua se stesso dall’oggetto.


Si produce conoscenza nell’uomo in virtù del fatto che egli emana luce dagli organi di senso, verso il mondo: tale luce si incontra con la luce nel mondo e avviene una fusione; si pratica una riunificazione fra luce umana e luce divina: si accende nell’anima umana il concetto di ciò che è stato colpito dalla sua luce.

All’uomo è ignoto il processo interiore del percepire e del pensare, mediante il quale l’anima emana Luce nel mondo.

domenica 8 marzo 2009

l'illusione

94 Useremo ora il termine illusione per indicare tutti gli aspetti delle ingannevoli apparenze e illusioni, fraintesi ed errate interpretazioni che insidiano l’aspirante a ogni passo della via, fino all’unione.
Quest’ultima parola detiene il segreto per eliminare l’illusione, ossia la disillusione, come è stato chiamato esotericamente questo processo di liberazione.
Se avete studiato con attenzione, vi sarà chiaro che la causa dell’illusione è in primo luogo basata sul senso di dualità.
Se questa non esistesse non vi sarebbe illusione e la percezione della natura duplice di tutta la manifestazione è alla radice delle difficoltà che l’umanità incontra nel tempo e nello spazio.

Questa percezione passa per vari stadi ed è il grande problema dell’entità cosciente.

È una difficoltà nel campo della coscienza stessa e in realtà non è inerente alla sostanza o materia.

Colui che dimora nel corpo percepisce in modo errato, non interpreta correttamente; si identifica con ciò che non è il sé; trasferisce la propria coscienza in un mondo di fenomeni che lo sopraffanno, illudono e imprigionano, fino a non aver più pace e sentirsi infelice, pervaso del senso che qualcosa non va.

Riconosce poi di non essere ciò che sembra e che il mondo fenomenico non coincide con la realtà, come aveva supposto.

Da questo momento acquista il senso di dualità, riconosce la “diversità”; si rende conto che questo senso di dualismo deve cessare e che è necessario iniziare un processo di unificazione e un tentativo per pervenire all’unità.

Allora comincia a osservare le sue difficoltà e le affronta coscientemente; per un lungo periodo si impegna a “districarsi dall’illusione per entrare nel mondo in cui solo l’unità è conosciuta”.

ESTRATTO DA A.Bailey l'illusione quale problema mondiale

L'annebbiamento del sentimento

L’annebbiamento del sentimento tiene schiave le brave persone in una spessa coltre di reazioni emotive.

L’umanità è giunta al punto in cui i bene intenzionati, dotati di una certa comprensione e in qualche misura scevri di avidità dell’oro (per alludere simbolicamente al materialismo) rivolgono il desiderio ai doveri, alle responsabilità, all’effetto che inducono sugli altri e alla interpretazione sentimentale dell’amore.
Per molti, invero per i più, esso in realtà è una mescolanza del desiderio d’amare e d’essere amati e della disposizione a fare qualcosa per dimostrarlo ed evocarlo e quindi sentirsi interiormente appagati.

Grande è l’egoismo di chi non vuole essere egoista!

Molti altri sentimenti si raccolgono attorno al desiderio di far mostra di amabili e piacevoli caratteristiche, intese a convogliare rispondenza verso colui che 77 così vorrebbe amare o servire, ma è tuttora avvolto nell’illusione del sentimento.

Questo pseudo amore si basa principalmente su una teoria dell’amore e del servizio tipica di tanti rapporti umani, fra coniugi, fra genitori e figli.

Illusi dal proprio sentimento e poco sapendo dell’amore dell’anima, che è libero e lascia liberi, vagano in una fitta nebbia, spesso trascinando con sé coloro che vogliono servire, per attirarsi affetto in cambio.

Studiate la parola “affetto” e scopritene il vero significato.
Affetto non è amore, ma un desiderio espresso con un’attività del corpo astrale, che influenza i rapporti; non un moto spontaneo dell’anima, privo di desiderio, che nulla chiede per il sé separato.

L’annebbiamento del sentimento imprigiona e inganna tutte le brave persone sensibili, imponendo loro doveri inesistenti e causando un annebbiamento emotivo che dovrà poi essere dissolto dall’afflusso di vero amore disinteressato.

TRATTO DA Alice Bailey l'illusione quale problema mondiale

martedì 3 marzo 2009

dalla prima lettera di Pietro

cap.5 Esortazioni agli anziani

1 Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: 2 pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; 3 non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. 4 E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce.

venerdì 20 febbraio 2009

Lucifero e la cacciata dall’Eden: l’immaginazione del Paradiso

La visione che segue deriva dall’osservazione che il veggente può fare osservando in modo occulto il proprio corpo fisico; affinché essa possa prodursi occorre essere capaci di restare desti entro la coscienza profonda di sonno: lo stato di sonno senza sogni.



Guardando da fuori indietro al proprio corpo fisico e all’eterico, ci si deve far stimolare da essi affinché essi producano in noi tale corrispondente immaginazione.


Essa deve apparire, perchè è contenuta in essi.


Esiste quindi la possibilità di vedere questo lontanissimo passato della Terra, estraendo il proprio io e l’astrale dalla corporeità fisco-eterica, guardando indietro ad essa.



Nella visione veggente del proprio corpo fisico, tra gli animali primordiali che si muovono entro il “giardino” vegetale si scorge Lucifero in una forma meravigliosa che, nel fondo del panorama si contorce.



Si viene allora a sapere che l’uomo era quel giardino; ogni essere vegetale ed animale allora distinto e molteplice, era una parte di ciò che ora è il corpo fisico: allora tutto era un mondo indifferenziato costituito di svariate entità, mentre ora tutto si trova riunito in un unico corpo, pur essendo ancora differenziati gli organi fisici.



In quella condizione paradisiaca, Lucifero lo attirò a sè ed egli si uni con lui.



Di conseguenza le Gerarchie lo spinsero insieme a Lucifero, fuori, in altre regioni.



Si immagini di ingrandire enormemente ogni singolo organo, in modo che ognuno di essi diventi un possente essere animale o vegetale: apparirà un’immensa formazione.



A quel tempo l’uomo viveva entro quel mondo di paradiso, vedeva e si sentiva in quelle entità direttamente; di conseguenza all’unione con Lucifero egli venne espulso.



Ciò che era il paradiso si rimpicciolì condensandosi, si raggrinzì e si moltiplicò in miliardi di copie: divenne la sostanza interna degli organi di ogni singolo corpo fisico umano.



Mentre prima l’uomo vedeva e conosceva un regno di paradiso come suo mondo esterno, ora quel mondo è sparito alla sua percezione, perchè è diventato il suo mondo interno.



Prima vedeva il Dio del polmone, il Dio del cuore: oggi non li vede più, perchè essi sono ora come fossilizzati entro l’interno del suo corpo fisico.
Oggi l’uomo vede solo ciò che è all’esterno dei suoi occhi; un tempo egli vedeva ciò che gli stava dentro.



In altre parole, l’uomo, con l’unione con Lucifero ha causato la condensazione del mondo in cui prima dimorava, in prodotti di appassimento e di raggrinzamento, rintracciabili quali organi del suo attuale corpo fisico.



tratto da uno studio steineriano di tiziano bellucci

domenica 15 febbraio 2009

appunti

LO STATO DI SALUTE E’ CONNESSO ALL’INTERESSE CHE SI E’ AVUTO PER IL MONDO, IN ESISTENZE PRECEDENTI



L’essere stati indifferenti davanti alle bellezze e le meraviglie del creato, genera una povertà d’anima, la quale apparirà come “impotenza animica” per la costruzione del futuro corpo fisico.

Il modello ereditato avrà il sopravvento su di essa: permarrà debolezza, fragilità e predisposizione alle malattie. Si avrà un corpo floscio, privo di vigore.
Una persona ad es. che non abbia in una vita passata amato la pittura, avrà un’espressione e un carattere antipatico. Se un’altro non avesse avuto interesse per la musica nascerà con predisposizione verso le malattie polmonari.
Se al contrario un individuo avrà avuto interesse per il mondo, scoppierà di salute.

Si può quindi affermare che le disposizioni verso la malattie o alla salute vengono dal karma.

Occorre comunque tener conto che anche riguardo la malattia, il karma non si esplica sempre solo come pareggio, bensì anche come causa di preparazione per un effetto futuro.
Invece, riguardo la predisposizione innata dalla nascita verso una patologia o alla salute, in tal caso si parlerà di esplicazione karmica.



LA POVERTA’ D’ANIMA COMPLICA IL LAVORO DELLE ENTITA’ KARMICHE
(la coscienza dei disincarnati)


Chi non abbia avuto interesse per il mondo, ritrovando in sé un’anima povera, si troverà in difficoltà di comunicazione con le Entità che dovrebbero collaborare con lui per l’edificazione del suo karma e dei suoi veicoli futuri; ne consegue per lui l’incapacità di lavorare in certe zone o regioni spirituali tra morte e rinascita.
Non potrà avvicinarsi ad alcuni Esseri spirituali; questi gli rimarranno estranei perché a lui stesso mancherà la capacità di avvicinarli.
L’uomo avverte allora in un dato momento in quel mondo che, anche attraverso la scelta di condannarsi a infermità fisiche sulla terra possa essere l’unico modo per rimediare alla sua incapacità nel mondo spirituale dovuta alla sua povertà d’anima; egli si predestina così una malattia, attraverso la quale possa trarne, per mezzo del discernimento offertogli dal dolore, una spinta che gli permetterà di conquistare quanto prima era stato da lui trascurato.



VARI CASI DI NESSI KARMICI NELLE AMICIZIE



In genere, due esseri che interruppero per necessità esterne, la loro amicizia in età giovanile, separandosi, sono individui che nella vita precedente erano stati amici in tarda età.
Il desiderio di sapere come fosse da giovane la persona con cui si è stretta l’amicizia in anzianità, conduce nella successiva esistenza a diventarle amica in gioventù.

L’interruzione di un’amicizia svela comunque la vendetta karmica di un’antica amicizia che fu nella vita precedente, troppo egoistica.

Se invece in un’incarnazione si è trascorso il principio o la fine dell’esistenza con una persona, nella vita successiva la si incontrerà verso metà dell’esistenza.

Oppure può accadere di essere uniti con amicizie nell’età infantile: questo significa di regola che nella precedente vita si era stati uniti con lei poco prima della morte.


tratto da uno studio steineriano di tiziano bellucci : i nessi karmici I parte