domenica 28 giugno 2009

...come diventare un Cristiano?

"Un'altra domanda era: come diventare un Cristiano?


"Innanzitutto, è necessario comprendere che un Cristiano non è un uomo che si dice Cristiano, o che altri dicono Cristiano.


Un Cristiano è un uomo che vive in conformità ai precetti del Cristo.


Così come siamo, non possiamo essere Cristiani.


Per essere Cristiani, dobbiamo essere capaci di 'fare'.

Noi non possiamo 'fare'; per noi, tutto 'accade'.


Il Cristo dice: 'Amate i vostri nemici', ma come amare i nostri nemici, quando non possiamo nemmeno amare i nostri amici? Qualche volta 'qualcosa ama', e qualche volta 'qualcosa non ama'.


Così come siamo, non possiamo neppure desiderare realmente di essere Cristiani, perché,ancora, qualche volta 'qualcosa desidera' e qualche volta 'qualcosa non desidera'.


E un uomo non può desiderare a lungo una sola cosa, perché improvvisamente, invece di desiderare di essere Cristiano, gli viene in mente un tappeto molto bello ma molto caro che ha visto in un negozio.


E invece di desiderare di essere Cristiano, comincia a pensare al modo di acquistare questo tappeto, dimenticando tutto ciò che concerne il Cristianesimo.


O se qualcun altro rifiuta di credere quale buon Cristiano egli sia, sarà pronto a mangiarlo o a farlo arrostire su carboni ardenti.


Per essere Cristiano, occorre 'essere'.

Essere significa: essere padrone di sé.


Se un uomo non è padrone di sé stesso, non ha nulla e non
può avere nulla.

E non può essere un Cristiano.

È semplicemente una (116Frammenti di un insegnamento sconosciuto)macchina, un automa. Una macchina non può essere un Cristiano.


Riflettete: è possibile che un'automobile, una macchina da scrivere o un fonografo siano Cristiani? Essi sono semplicemente delle cose controllate dal caso. Non sono responsabili. Sono delle macchine.

Essere Cristiano significa essere responsabile.

La responsabilità viene dopo, quando un uomo, anche parzialmente, cessa di essere una macchina e comincia effettivamente, non soltanto a parole, a desiderare di essere un Cristiano".

tratto da :Ouspensky frammenti di un insegnamento sconosciuto

sabato 27 giugno 2009

...che cosa non puo' fare il Signore?

......... Non so più chi tra di noi ricordò per primo un aneddoto ben conosciuto, ma poco rispettoso, nel quale vedemmo immediatamente una illustrazione di questa legge.


Si trattava della storia del vecchio seminarista che al suo esame finale continua a non capire l'idea dell'onnipotenza divina.


"Bene, fatemi un esempio di qualche cosa che il Signore non possa fare", dice il vescovo esaminatore.


"Non ci vuol molto, Vostra Eminenza', risponde il seminarista.

"Tutti sanno che il Signore stesso non può prendere l'asso di briscola con un comunissimo due".



Nulla poteva essere più lampante.

venerdì 26 giugno 2009

l'uomo

Il primo, quello sul quale insisteva maggiormente, era l’assenza di unità nell'uomo.
"Il più grande errore, egli diceva, è credere che l'uomo abbia
un'unità permanente. Un uomo non è mai uno. Continuamente egli
cambia. Raramente rimane identico, anche per una sola mezz'ora. Noi
pensiamo che un uomo chiamato Ivan sia sempre Ivan. Ma non è
così. Ora è Ivan, in un altro momento è Pietro, e un minuto più
tardi Nicola, Sergio, Matteo, Simone, anche se tutti pensiamo che sia
sempre Ivan. Sapete che Ivan non può commettere certe azioni, mentire
per esempio, ed ora scoprite che Ivan ha mentito e siete tutti sorpresi
che lui, Ivan, abbia potuto fare questo. Infatti, Ivan non può mentire, è
Nicola che ha mentito ed a ogni occasione Nicola mentirà nuovamente,
perché Nicola non può fare a meno di mentire. Rimarrete stupiti
rendendovi conto della moltitudine di questi Ivan e Nicola che vivono in
un solo uomo. Se imparerete ad osservarvi non avrete più bisogno di
andare al cinema".
"Tutto ciò, domandai, ha qualcosa a che fare con la coscienza delle
diverse parti ed organi del corpo? Credo di capire ciò che avete detto,
perché ho sovente sentito la realtà di queste coscienze. So che non
soltanto ogni organo, ma ogni parte del corpo avente una distinta fun-
zione, ha una coscienza sua propria; vi è una coscienza della mano
destra e una coscienza della mano sinistra. È questo che volete dire?".
"Non del tutto, disse G. Anche queste coscienze esistono, ma sono
relativamente innocue. Ognuna di esse conosce il suo posto e sa quello
che deve fare. Le mani sanno di dover lavorare, i piedi di dover cam-
minare. Ma questi Ivan, Pietro, Nicola, sono del tutto diversi: si
chiamano tutti 'IO', ossia si considerano come padroni e nessuno di
loro vuole riconoscerne un altro. Ciascuno di essi è il Califfo per
un'ora, fa ciò che gli piace senza riguardi per nessuno: saranno poi
gli altri a farne le spese. Nessun ordine regna fra di loro. Colui che
si impone è il padrone. Distribuisce frustate da tutte le parti senza
tener conto di nulla. Il momento seguente però, quando un altro avrà preso
la frusta, toccherà a lui riceverne i colpi. E cosi vanno le cose per tutta la vita.
Immaginate un paese in cui ciascuno possa essere re per cinque minuti, e durante questi
cinque minuti fare del suo regno tutto ciò che vuole. Ecco la nostra vita".

mercoledì 24 giugno 2009

appunti per studio

..."Molte cose sono possibili, disse G., ma occorre comprendere che l'essere dell'uomo, sia nella vita che dopo la morte, ammesso che esista dopo la morte, può essere di qualità molto differente.

L' 'uomo macchina', per il quale tutto dipende dalle influenze esteriori, per cui tutto accade, che ora è un certo uomo, il momento dopo un altro e più tardi ancora un terzo, non ha avvenire di sorta: viene sepolto e basta.

È polvere e ritorna polvere. Questo è detto per lui.

Perché si possa parlare di vita futura, di qualsiasi genere, ci deve essere una certa cristallizzazione, una certa fusione delle qualità interiori dell'uomo: una certa indipendenza dalle influenze esteriori.

Se in un uomo vi è qualcosa capace di resistere alle influenze esteriori, allora proprio questo qualcosa potrà resistere anche alla morte del corpo fisico.

Ora pensate: che cosa potrà resistere alla morte del corpo fisico in un uomo che sviene o dimentica tutto quando si taglia il dito mignolo? Se in un uomo vi è qualche cosa, questo qualcosa può sopravvivere; ma se non vi è niente, allora niente può sopravvivere.

Ma anche se questo 'qualcosa' sopravvive, il suo avvenire può essere molto vario.

In certi casi di completa cristallizzazione, dopo la morte si può produrre ciò che la gente chiama 'reincarnazione'; in altri casi, ciò che chiamano una 'esistenza nell'aldilà'.

Nei due casi, la vita continua nel 'corpo astrale' o con l'aiuto del 'corpo astrale': sapete ciò che significa questa espressione.

Ma i sistemi che conoscete e che parlano di 'corpo astrale' affermano che tutti gli uomini lo possiedono. Ciò è assolutamente falso.

Ciò che può essere chiamato 'corpo astrale' è ottenuto per fusione, cioè per mezzo di una lotta e di un lavoro interiore terribilmente duro. L'uomo non nasce con un corpo astrale, e soltanto pochissimi uomini arrivano ad averne uno.

Una volta costituito, il 'corpo astrale' può continuare a vivere dopo la morte del corpo fisico, e può rinascere in un altro corpo fisico: ecco la 'reincarnazione'.

Se non è rinato, allora, nel corso del tempo muore anch'esso; non è immortale, ma può vivere molto tempo dopo la morte del corpo fisico.

"Fusione, unità interiore, sono ottenute nell'uomo per 'frizione', per mezzo della lotta tra il 'sì' e il 'no'.

Se un uomo vive senza lotta interiore, se in lui tutto accade senza opposizione, se va sempre seguendo la corrente, o come il vento lo spinge, allora resterà come è.

Ma se una lotta ha inizio in lui e soprattutto se questa lotta ha una linea definita, allora gradualmente certe caratteristiche permanenti cominciano a formarsi in lui; egli comincia a 'cristallizzare'.

Ma, se la cristallizzazione è possibile su una base giusta, lo è altresì su di una base falsa.

Per esempio, la paura del peccato, o una fede fanatica in una [40 Frammenti di un insegnamento sconosciuto] idea qualsiasi, possono provocare una lotta terribilmente intensa tra il 'sì' e il 'no', e un uomo può cristallizzare su tali basi.

Ma questa sarà una cristallizzazione sbagliata e incompleta.

Quest'uomo perderà così ogni altra possibilità di sviluppo.

Affinchè gli sia restituita la possibilità di uno sviluppo ulteriore, egli dovrà essere innanzitutto 'rifuso' e questo può essere compiuto soltanto attraverso terribili sofferenze.

"La cristallizzazione è possibile su qualsiasi base.

Prendete ad esempio un brigante di buona razza, un brigante autentico.

Ne ho conosciuti io stesso nel Caucaso.

Un tale brigante resterà sul ciglio di una strada, fucile alla mano, dietro una roccia, per otto ore senza fare il minimo movimento.

Potreste fare altrettanto?

A ogni istante, cercate di capirlo, una lotta si scatena in lui.

Egli ha caldo, ha sete, le mosche lo divorano; ma non si muove.

Un altro è monaco; ha paura del diavolo; batte la testa contro il suolo e prega tutta la notte.

Così la cristallizzazione si compie.

In tal modo è possibile generare in se stessi una forza interiore enorme; si possono sopportare torture; si può ottenere tutto ciò che si vuole.

Questo significa che in questi uomini, a partire da un certo momento, vi è qualcosa di solido, di permanente.

Persone di questa fatta possono diventare immortali.

Ma con quale vantaggio?

Un uomo di questa specie diventa una 'cosa immortale', 'una cosa', benché una certa quantità dì coscienza sia talvolta conservata in lui. Però, occorre ricordarlo, si tratta di casi eccezionali".

Nelle conversazioni che seguirono quella serata, un fatto mi colpì:
di tutto quello che G. aveva detto nessuno aveva inteso la stessa cosa; certuni avevano prestato attenzione solo a considerazioni secondarie, non essenziali, e non ricordavano altro.

I principi fondamentali esposti da G. erano sfuggiti alla maggioranza.

Pochissimi furono coloro che fecero domande sull'essenza di ciò che era stato detto.

Una di queste domande mi è rimasta in mente:

"Come si può provocare la lotta tra il 'sì' e il 'no'?

"È necessario il sacrificio, disse G.

Se niente è sacrificato, niente può essere ottenuto, ed è indispensabile sacrificare ciò che è prezioso al momento stesso, sacrificare molto e per molto tempo.

Tuttavia, non per sempre.

Questo di solito non è capito, invece è importantissimo.

Occorrono sacrifici, ma quando il processo di cristallizzazione è compiuto, le rinunce, le privazioni e i sacrifici non sono più necessari.

Un uomo può allora avere tutto ciò che vuole.

Per lui non vi è più legge: egli è per se stesso la propria legge".



lunedì 22 giugno 2009

appunti


... Per quanto riguardava il suo lavoro di Mosca, G. diceva di avere due gruppi senza relazione fra di loro e occupati in lavori diversi, "secondo il grado della loro preparazione e le loro possibilità", come egli si espresse.

Ogni membro di questi gruppi pagava mille rubli all'anno e poteva lavorare con lui, pur continuando nella vita le proprie attività ordinarie.
Dissi che, a mio parere, mille rubli all'anno erano una somma troppo forte per quelli che non avevano redditi.

G. replicò che non c'era altra soluzione, poiché, data la natura stessa del lavoro, egli non poteva avere troppi allievi.

D'altra parte, non desiderava e non doveva — accentuò queste parole — spendere il proprio denaro per l'organizzazione del lavoro.

Il suo lavoro non era, non poteva essere, di genere caritatevole, e i suoi allievi dovevano trovare da soli i fondi per l'affitto degli appartamenti dove potersi riunire, per gli esperimenti e tutto il resto.

Oltre a ciò, aggiunse, l'osservazione ha dimostrato che le persone deboli nella vita si rivelano altrettanto deboli nel lavoro.
"Vi sono altri aspetti di questa idea, disse G. Il lavoro di ciascuno può comportare spese, viaggi, ed altro. Se la vita di un uomo è talmente mal organizzata che la spesa di mille rubli può ostacolarlo, sarebbe meglio per lui non intraprendere nulla con noi.

Supponete che un giorno il suo lavoro esiga che egli si rechi al Cairo o altrove. Egli deve avere
i mezzi per farlo.

Con la nostra richiesta vediamo se è in grado di lavorare con noi oppure no.

"A parte questo, continuò, ho veramente troppo poco tempo per sacrificarlo agli altri, senza essere sicuro che farà loro del bene.

Valuto molto il mio tempo, dato che ne ho bisogno per la mia opera, per cui non posso e, come ho già detto, non voglio usarlo improduttivamente.

E vi è un'ultima ragione: per apprezzare una cosa bisogna pagarla".

Ascoltavo queste parole con uno strano sentimento. Da un lato, tutto quello che G. diceva mi piaceva. Ero attratto dall'assenza di qualsiasi elemento sentimentale, di qualsiasi verbosità convenzionale sull' 'altruismo' e il 'bene dell'umanità', ecc.

D'altra parte, ero sorpreso dal desiderio palese che egli aveva di convincermi su questo argomento del denaro, mentre io non avevo nessun bisogno di essere convinto.

Se vi era un punto sul quale non ero d'accordo, era semplicemente sul modo di raccogliere il denaro, poiché nessuno degli allievi che avevo visto poteva pagare mille rubli l'anno. Se G. aveva realmente scoperto in Oriente delle tracce visibili e tangibili di una conoscenza nascosta e se continuava le sue ricerche in questa direzione, allora era chiaro che la sua opera aveva bisogno di fondi, proprio come qualsiasi altro lavoro scientifico, come una spedizione in qualche parte sconosciuta del mondo, scavi in un'antica città, o qualsiasi investigazione che richieda numerosi ed elaborati esperimenti fisici o chimici. Non era affatto necessario cercare di convincermi di tutto questo. Al contrario, pensavo che,se G. mi avesse dato la possibilità di conoscere meglio quello che faceva,sarei probabilmente stato in grado di procurargli tutti i fondi di cui poteva aver bisogno per dare una salda base alla sua opera e pensavo anche di presentargli persone meglio preparate. Ma naturalmente non avevo che un'idea molto vaga di quello che poteva essere il suo lavoro.
Senza dirlo apertamente, G. mi fece capire che mi avrebbe accettato come suo allievo se ne avessi espresso il desiderio.
Gli dissi che il più grande ostacolo da parte mia era che per il momento non potevo vivere a Mosca, perché mi ero impegnato con un editore di Pietroburgo, e che stavo preparando vari libri da pubblicare. G. mi disse che andava talvolta a Pietroburgo, mi promise di venirci presto e di avvertirmi del suo arrivo.
"Ma se mi unissi al vostro gruppo, dissi a G., mi troverei di fronte ad un difficilissimo problema. Non so se esigete dai vostri allievi la promessa di mantenere il segreto su tutto quello che imparano da voi; io non potrei fare una simile promessa.

Vi sono state due occasioni nella mia vita in cui avrei avuto la possibilità di unirmi a gruppi im-
pegnati in un lavoro che, per quanto posso capire, mi pare simile al vostro, e ciò mi avrebbe molto interessato a quel tempo. Ma, in entrambi i casi, la mia adesione mi avrebbe impegnato a mantenere il segreto su tutto ciò che avrei potuto imparare. E io rifiutai in entrambi i casi, perché sono innanzitutto uno scrittore e desidero essere assolutamente libero di decidere da solo che cosa scriverò e che cosa non scriverò. Se prometto di mantenere il segreto su qualcosa che mi verrà detto, forse in seguito potrebbe essere molto difficile separare ciò che mi sarà stato detto da ciò che avrebbe potuto venirmi in mente in relazione con quell'argomento, o anche senza relazione.
Per esempio,oggi so molto poco delle vostre idee, ma so che quando cominceremo a parlare, arriveremo molto presto alle questioni di tempo e di spazio,alle dimensioni di ordine superiore e così via. Sono questioni sulle quali lavoro da molti anni. Non ho alcun dubbio che esse debbano
occupare un posto importante nel vostro sistema".
G. annui.
"Bene, vedete che se ora parlassimo sotto il vincolo del segreto, da questo momento non saprei più cosa posso scrivere e cosa non posso più scrivere".
"Ma quali sono, dunque, le vostre idee su questo argomento?,
disse G. Non si deve parlare troppo.
Vi sono cose che vengono dette solo per gli allievi".
"Potrei accettare questa condizione soltanto temporaneamente. Naturalmente sarebbe ridicolo se mi mettessi subito a scrivere su quello che potrei imparare da voi. Ma se non intendete, per principio, fare segreto delle vostre idee, se vi preoccupate unicamente che non siano trasmesse sotto una forma alterata, allora posso sottoscrivere una tale condizione e attendere di avere una migliore comprensione del vostro insegnamento.
Mi è capitato di frequentare un gruppo di persone che si dedicavano a una serie di esperimenti scientifici su vastissima scala.
Non facevano mistero del loro lavoro. Ma avevano posto la condizione che nessuno di loro avrebbe avuto diritto di parlare o scrivere di un qualsiasi esperimento, a meno che non fosse egli stesso in grado di effettuarlo. Fino a quando fosse incapace di ripetere egli stesso l'esperimento, doveva tacere".
"Non vi potrebbe essere miglior formula, disse G., e se siete d'accordo nell'osservare questa regola, tale questione non si porrà mai tra noi".
"Vi sono condizioni per entrare nel vostro gruppo? domandai. E chi vi entra è legato per sempre al gruppo e a voi? In altre parole, desidero sapere se è libero di ritirarsi e di abbandonare il lavoro, oppure se deve assumersi obblighi definitivi. Come vi comportate verso di lui
se non li adempie?".
"Non vi è alcuna condizione, disse G., e non ve ne possono essere.
Il nostro punto di partenza è che l'uomo non conosce se stesso, che egli non è (accentuò queste parole), ossia non è ciò che potrebbe e dovrebbe essere.

Per questa ragione non può prendere alcun impegno, né assumersi alcun obbligo. Non può decidere nulla riguardo al futuro.
Oggi è una persona, domani un'altra. Non è dunque legato a noi in alcun modo e, se lo desidera, può in qualsiasi momento lasciare il lavoro e andarsene. Non vi è alcun obbligo, né nella nostra relazione con lui, né nella sua con noi.
"Se ne ha voglia, egli può studiare. Dovrà studiare per molto tempo e lavorare molto su se stesso. Il giorno in cui avrà imparato abbastanza, allora la cosa sarà diversa. Vedrà da solo se il nostro lavoro gli piaceo no.
Se lo desidera, potrà lavorare con noi; se no, potrà andarsene.
Fino a quel momento è libero. Dopo di che, se rimarrà, sarà in grado di decidere o disporre per l'avvenire.

domenica 21 giugno 2009

La... "considerazione"


...
Mi parlava di un uomo che avevo incontrato con lui una volta, e delle sue relazioni con certe persone.

"È un uomo debole, mi diceva.

Le persone si servono di lui, inconsciamente, ben inteso.


E questo perché egli le considera.


Se non le considerasse, tutto cambierebbe e le persone stesse cambierebbero".

Mi parve strano che un uomo non dovesse considerare gli altri.

"Che cosa intendete per considerare} gli domandai. Vi capisco e non vi capisco. Questa parola ha significati diversissimi ".

"È precisamente il contrario, disse G. Ha soltanto un significato.

Cercate di pensarci".

Più tardi compresi quello che G. intendeva per considerazione.

E mi resi conto dell'enorme posto che essa occupa nella nostra vita e di tutto ciò che ne deriva.

G. chiamava 'considerazione' l'attitudine che crea una schiavitù interiore, una dipendenza interiore.

Avemmo in seguito numerose occasioni di riparlarne.

appunti



....Domandai:
"Può un uomo smettere di essere una macchina?".

"Ah! È proprio questo il problema. Se voi aveste fatto più spesso simili domande, forse le nostre conversazioni avrebbero potuto condurre a qualche cosa.

Sì, è possibile smettere di essere una macchina,ma, per questo, è necessario prima di tutto conoscere la macchina.

Una macchina, una vera macchina, non conosce se stessa e non può conoscersi.

Quando una macchina conosce se stessa, da quell'istante ha cessato di essere una macchina; per lo meno non è più la stessa macchina di prima.


Comincia già ad essere responsabile delle proprie azioni".

"Questo significa, secondo voi, che un uomo non è responsabile delle proprie azioni?".

"Un uomo — ed egli sottolineò questa parola — è responsabile.

Una macchina no".


Un'altra volta domandai a G.:
"Qual è, secondo voi, la migliore preparazione per lo studio del vostro metodo?
Per esempio, è utile studiare la cosiddetta letteratura 'occulta' o 'mistica'?".

Dicendo questo, pensavo in modo particolare ai 'Tarocchi' e a tutta la letteratura riguardante i 'Tarocchi'.

"Sì, disse G., attraverso la lettura si può trovare molto.
Per esempio, considerate il vostro caso: voi potreste conoscere già molte cose se foste capace di leggere.
Mi spiego: se voi aveste compreso tutto quello che avete letto nella vostra vita, avreste già la conoscenza di
ciò che ora cercate.

Se aveste capito tutto quanto è scritto nel vostro libro, qual è il suo titolo? — e invece delle parole Tertium Organum' pronunciò qualcosa di assolutamente impossibile — toccherebbe a me venire da voi, inchinarmi e pregarvi di insegnarmi.


Ma voi non comprendete né quello che leggete, né quello che scrivete.

Non capite neppure quel che significa la parola comprendere.

La comprensione è tuttavia la cosa essenziale, e la lettura può essere utile solo a condizione che si comprenda ciò che si legge.

Ma naturalmente nessun libro può dare una preparazione reale.

È quindi impossibile dire quali siano i libri migliori. Ciò che un uomo conosce bene — e accentuò la parola 'bene' — questa può essere la sua preparazione. Se un uomo sa bene come si prepara il caffè, o come si fanno bene le scarpe, allora è già possibile parlare con lui.

Il guaio è che nessuno conosce bene qualcosa.


Tutto è conosciuto alla meglio, in modo superficiale".

Si trattava ancora di una svolta inaspettata che G. dava alle sue spiegazioni.

Le sue parole, oltre al loro senso ordinario, ne contenevano sempre un altro completamente diverso.
Ma intravedevo già che per arrivare a questo senso nascosto, bisognava cominciare dal loro senso usuale e semplice.

Le parole di G., prese nel senso più semplice, erano sempre piene di significato, ma esse ne avevano anche altri.

Il significato più ampio e più profondo, rimaneva velato per molto tempo.


Un'altra conversazione è rimasta nella mia memoria.

Domandavo a G. che cosa un uomo dovesse fare per assimilare il suo insegnamento.

"Cosa deve fare?, esclamò come se la domanda lo sorprendesse.

Ma egli è incapace di fare qualcosa.

Deve prima di tutto comprendere certe cose.

Ha migliaia d'idee false e di concezioni false soprattutto su di sé e deve cominciare con il liberarsi perlomeno da alcune di esse, se vuole acquistare qualcosa di nuovo.

Altrimenti, il nuovo sarebbe edificato su una base falsa ed il risultato sarebbe ancora peggiore".

Capitolo I 27

"Come ci si può liberare dalle idee false? domandai.

Noi dipendiamo dalle forme della nostra percezione.

Le idee sono prodotte dalle forme della nostra percezione".

G. scosse la testa:
"Di nuovo voi parlate di un'altra cosa.


Voi parlate degli errori derivanti dalle percezioni, ma non si tratta di questo.

Nei limiti di date percezioni si può sbagliare più o meno.

Come vi ho già detto, la suprema illusione dell'uomo è la sua convinzione di poter fare.


Tutti pensano di poter fare, vogliono fare, e la loro prima domanda riguarda sempre ciò che dovranno fare.

Ma a dire il vero, nessuno fa qualcosa e nessuno può fare qualcosa.

Questa è la prima cosa che
bisogna capire.

Tutto accade.

Tutto ciò che sopravviene nella vita di un uomo, tutto ciò che si fa attraverso di lui, tutto ciò che viene da lui — tutto questo accade.

E questo capita allo stesso modo come la pioggia cade perché la temperatura si è modificata nelle regioni superiori dell'atmosfera, come la neve fonde sotto i raggi del sole, come la polvere si solleva con il vento.

"L'uomo è una macchina.

Tutto quello che fa, tutte le sue azioni, le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, opinioni, abitudini, sono i risultati di influenze esteriori, di impressioni esteriori.

Di per se stesso un uomo non può produrre un solo pensiero, una sola azione.


Tutto quello che dice, fa, pensa, sente — accade.

L'uomo non può scoprire nulla, non può inventare nulla.

Tutto questo accade.


"Ma per stabilire questo fatto, per comprenderlo, per convincersi della sua verità, bisogna liberarsi da mille illusioni sull'uomo, sul suo potere creativo, sulla sua capacità di organizzare coscientemente la sua propria vita, e co sì via.

T utto q uesto in realtà no n esiste.

T utto accade— movimenti popolari, guerre, rivoluzioni, cambiamenti di governi, tutto accade.

E capita esattamente nello stesso modo in cui tutto accade nella vita dell'uomo preso individualmente.

L'uomo nasce, vive, muore,costruisce case, scrive libri, non come lo desidera, ma come capita.

Tutto accade.

L'uomo non ama, non desidera, non odia — tutto accade.

"Nessuno vi crederà se gli dite che non può fare nulla.

Questa è la cosa più offensiva e spiacevole che si possa dire alla gente.

Ed è particolarmente spiacevole e offensiva perché è la verità e nessuno vuol conoscere la verità.



"Se capite questo, ci sarà più facile parlare.

Ma una cosa è capire con l'intelletto che l'uomo non può far nulla ed un'altra sentirlo vivamente 'con tutta la propria massa'; essere realmente convinti che è così e mai dimenticarlo.

"Questa questione del fare (G. accentuava tutte le volte questa parola) si collega del resto a un'altra.

Alla gente sembra sempre che gli altri non facciano nulla come si dovrebbe, che gli altri facciano
tutto sbagliato.

Invariabilmente ognuno pensa che lui potrebbe fare meglio.

Nessuno comprende né vuol comprendere che ciò che viene fatto attualmente in un certo modo — e soprattutto ciò che è stato già fatto — non poteva essere fatto altrimenti.

Avete notato come parlano tutti della guerra? Ognuno ha il proprio piano, la propria teoria.

Ognuno è del parere che niente viene fatto come si dovrebbe.

In verità però, tutto viene fatto nell'unico modo possibile.

Se una sola cosa potesse essere fatta diversamente, tutto potrebbe diventare diverso.
E allora forse non ci sarebbe stata la guerra.

"Cercate di, capire quel che dico: tutto dipende da tutto, tutte le cose sono collegate, non vi è niente di separato.

Tutti gli avvenimenti seguono dunque il solo cammino che possono prendere.

Se le persone potessero cambiare, tutto potrebbe cambiare.

Ma esse sono quelle che sono, e di conseguenza le cose, anche esse sono quelle che sono".


Era molto difficile da mandar giù.

"Non vi è nulla, assolutamente nulla, che possa essere fatto?",domandai.

"Assolutamente nulla".

"E nessuno può fare nulla?".

"È un'altra questione.

Per fare, bisogna essere.

E bisogna per prima cosa comprendere cosa significa essere.

Se continueremo queste conversazioni, vedrete che ci serviremo di un linguaggio speciale e che per essere in grado di parlare con noi, bisogna imparare questo linguaggio.

Non vale la pena di parlare nel linguaggio ordinario, perché, in questa lingua è impossibile comprenderci.

Questo vi stupisce. Ma è la verità.

Per riuscire a comprendere è necessario imparare un'altra lingua.

Nella lingua che parla la gente non ci si può capire.

Vedrete più tardi perché è così.

"E poi bisogna imparare a dire la verità.

Anche questo vi sembra strano.

Non vi rendete conto che si debba imparare a dire la verità.

Vi sembra che basti desiderare o decidere di dirla.

E io vi dico che è relativamente raro che le persone dicano una bugia deliberatamente.

Nella maggior parte dei casi pensano di dire la verità.
Mentono continuamente, sia a se stessi che agli altri.


Di conseguenza nessuno comprende gli altri, né se stesso.

Pensateci: potrebbero esserci tante discordie, profondi malintesi e tanto odio verso il punto di vista o l'opinione
altrui, se le persone fossero capaci di comprendersi l'un l'altro?

Ma non possono comprendersi perché non possono non mentire.

Dire la verità è la cosa più difficile del mondo; si deve studiare molto, e per molto tempo, per poter un giorno dire la verità.

Il desiderio solo non
basta.

Per dire la verità, bisogna essere diventati capaci di conoscere cosa è la verità e cos'è una menzogna; e prima di tutto in se stessi.

E questo nessuno lo vuol conoscere".

Ouspensky : frammenti di un insegnamento iniziatico

un segreto?



...Per esempio, considerate questo: un uomo potrebbe trovarsi, non all'inizio naturalmente, ma più tardi, nella situazione di dover mantenere, almeno per un certo tempo, il segreto su qualche cosa che ha imparato.

Ma come può promettere di mantenere il segreto un uomo che non conosce se stesso?

Naturalmente può promettere, ma può mantenere la promessa?

Infatti egli non è uno, vi sono in lui una moltitudine di uomini.

Qualcuno in lui promette e crede di voler mantenere il segreto.

Ma domani un altro in lui lo dirà alla moglie o ad un amico davanti a una bottiglia di vino; oppure qualcuno, interrogandolo con astuzia, può fargli dire tutto senza che egli neppure se ne accorga.

Oppure, può essere suggestionato o, quando meno se lo aspetta, lo si aggredirà e, spaventandolo, gli si farà fare tutto ciò che si vuole.

Quale specie di impegno potrebbe dunque assumere?

No, con un tale uomo non parleremo seriamente.

Per essere capace di conservare un segreto,un uomo deve conoscere se stesso e deve essere.

E un uomo come lo sono tutti è ben lontano da questo.


TRATTO DA : Ouspensky frammenti di un insegnamento sconosciuto

martedì 16 giugno 2009

Omnes isti...


Omnes isti in generationibus gentis suae gloriam adepti sunt et in diebus suis habentur in laudibus

mercoledì 10 giugno 2009

appunti

Nel paradiso terrestre la mela colta dall’albero del bene e del male, sulla quale è basato il biblico inganno, altro non è che un frutto simbolico, come gli psicologi moderni tendono a dimostrare. Quel frutto, infatti, è stato mangiato dall’umana progenie ed, una volta ingerito, concede, a chi se n’è nutrito, la coscienza della virtualità (il bene ed il male) e rende virtuale, cioè mortale, l’uomo stesso, quindi è un veleno.


tratto da : estratto archetipi di Corrado Malanga