I DUE STATI DI COSCIENZA DELL’UOMO NEL DEVACHAN
La coscienza si alterna fra momenti, paragonabili al sonno e la veglia, in cui si è a contatto con altre entità: ci si sente effusi in esse e nel mondo spirituale, dilatati: è una sorta di plenitudine spirituale.
Nell’altro stato invece, non si percepisce più il mondo circostante, e ci si sente soli in sè stessi, racchiusi nella propria solitudine. Si alternano uno stato di socievolezza spirituale e uno di solitudine spirituale.
Guardando fuori, nel mondo spirituale, si sà, raffrontandosi con le sublime immagini e forme degli esseri solari, cosa manca alla propria figura morale: nella solitudine si anela a poter avere forme meravigliose come quelle: esse sono una mèta e insieme un mònito che ci mostra quanta strada ancora dobbiamo compiere per poter giungere a quelle altezze di purezza.
Tutto questo stimola nell’uomo la volontà di perfezionarsi; con l’aiuto di sagge entità, ci si sceglie un dato destino futuro che possa agevolarci e procurarci prove tramite le quali potremo sviluppare date facoltà e superare le nostre imperfezioni.
Molti anelano là, a possedere un destino duro, pieno di sofferenze: la prospettiva di visione è molto diversa, perchè si vede la vita terrestre solo come una scuola o un mezzo tramite il quale è possibile forgiarsi un anima pura.
Si vede nel dolore e nella sofferenza non sfortuna, ma possibilità di evolversi.
Davanti alle proprie imperfezioni si desidera diventare migliori: non vi è là ipocrisia, perchè essa sarebbe incoerenza nei confronti di noi stessi.
Solo se un’anima incontrerà una vita difficile potrà far scaturire da sè stessa nuove forze per superare le difficoltà.
Non tutti gli uomini hanno la stessa coscienza chiara: c’è anche chi deve essere guidato da altre entità nella scelta del destino.
Citazione di Platone dalla Repubblica: Ad un certo punto un araldo comparse e disse:
-anime effimere, ecco l'inizio di un altro ciclo di nascite apportatrici di morte; non un demone sceglierà voi, ma voi sceglierete il vostro demone!
Scegliete quindi la vita che sarà necessariamente legata a lui!
La virtù non ha padroni; ognuno la possiederà di più o di meno a seconda che l'abbia onorata o trascurata; la responsabilità è di chi fa la scelta: la divinità è innocente. -
Un sacerdote gettò in aria le sorti, ed ognuno scelse quella che gli era caduta vicino;
e di nuovo furono posti per terra davanti a loro i modelli di vita: quelli di tutti gli animali e degli uomini.
Tali elementi erano mischiati insieme alla ricchezza, alla povertà, alla malattia, alla salute; quel momento, è il massimo cimento per ogni uomo, nella speranza di riuscire a riconoscere e a trovare chi lo renda capace ed esperto di distinguere la vita buona da quella cattiva, di sciegliere sempre la migliore possibile a vantaggio della propria ricer ca verso il bene o nella caduta verso il male.
Tratto da un studio steineriano di Tiziano Bellucci.
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